Le Sezioni Unite ridimensionano la ritrattabilità, modificabilità ed emendabilità della dichiarazione.

by Luca Mariotti

Abbiamo inserito nelle nostre news, nel tempo, alcune sentenze degli ultimi due anni sulla questione interpretativa dell’articolo 2 comma 8 bis Dpr 322/98.

Secondo tale norma “Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive  e  dei  sostituti  di  imposta  possono  essere  integrate   dai contribuenti per correggere errori  od  omissioni  che  abbiano  determinato l’indicazione di un maggior  reddito  o,  comunque,  di  un  maggior  debito d’imposta o di un  minor  credito,  mediante  dichiarazione  da  presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli  conformi a  quelli  approvati  per  il  periodo  d’imposta  cui   si   riferisce   la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per  la  presentazione  della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale  credito risultante  dalle  predette   dichiarazioni   può   essere   utilizzato   in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n.  241  del 1997”

I nostri più attenti lettori ricorderanno alcune massime dell’anno passato come l’Ordinanza 3 novembre 2015 n. 22433 o la sentenza 12 dicembre 2014 n. 26187 in tema di emendabilità della dichiarazione senza alcun termine di decadenza legato alle vicende amministrative dell’atto ed anche in corso di giudizio.

E nel 2016 abbiamo menzionato, conforme alle precedenti, l’ordinanza  n. 313 del 12 gennaio 2016, con cui si ribadiscono i temi predetti.

In quell’occasione La Corte non mancò di ricordare che la dichiarazione non si configura quale atto negoziale e dispositivo, bensì reca una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, e costituisce un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria (Sent. n. 2229 del 6 febbraio 2015; Sent. n. 4049 del 27 febbraio 2015; Cass. Sez. 5, n. 5852 del 13/04/2012; Sentenza n. 14932 del 06/07/2011).

Non mancammo però di segnalare come, a fronte di un orientamento largamente maggioritario e di estrema apertura per le rettifiche successive alla presentazione della dichiarazione, la questione, con l’Ordinanza 18383 del 18 settembre 2015  fosse stata  rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite. Ciò sul presupposto che, accanto all’orientamento giurisprudenziale suddetto e che era divenuto largamente preponderante negli ultimi anni, ne esisteva un altro di segno opposto (cfr. 4238/2004 e altre) secondo cui “con il D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2 – che ha modificato, con effetto dall’1 gennaio 2002, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, introducendo il comma 8 bis, è stata prevista una dichiarazione integrativa per correggere errori od omissioni in danno del contribuente, da presentarsi non oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”.

Ci attendevamo dalle Sezioni Unite quindi una interpretazione in linea con la più recente lettura. Nella quale assieme ai principi costituzionali (Art. 53 e 97 Cost.) era stato dato rilievo ai principi immanenti dell’ordinamento tributario recati dallo “statuto” e nello specifico a quello dell’affidamento e buona fede (Art. 10 L. 212/2000). La stessa Agenzia, in una sua Circolare (17 gennaio 2006 n. 16/E) aveva riconosciuto che l’emendabilità della dichiarazione sia “diretto corollario della natura della dichiarazione, quale atto di scienza e non di volontà”.

Il problema che residuava era casomai il dubbio se la ritrattabilità e/o modificabilità della dichiarazione fosse o meno assoluta, dovendo essere limitata per taluna giurisprudenza ad errori materiali e formali (es. Cass. 1427/2013). Anche l’Agenzia in un documento di prassi (Circ. 8/E 2010) aveva escluso che la dichiarazione possa essere sempre rettificabile sulla base di elementi non riconducibili ad un errore rilevante ed essenziale, ma alla volontà di modificare una scelta che si palesi non favorevole al contribuente per calcoli di convenienza fatti ex-post.

Oggi arriva la sentenza delle Sezioni Unite e precisamente la 30 giugno 2016, n. 13378, Presidente Rordorf, Relatore Iacobellis. Ed è un ritorno indietro nel tempo, senza riferimenti al dibattito di cui sopra (se non alle sentenze dei due filoni interpretativi citati, ovviamente) né allo Statuto. Una lettura letterale e restrittiva delle norme che, pur con il massimo rispetto per il Supremo Giudice, non pare avere il respiro che attiene a chi la materia tributaria e la sua evoluzione nel tempo la viva davvero.

Riportiamo allora i principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite, rinviando alla lettura della sentenza e, per un ulteriore commento, ad un approfondimento sul tema.

Secondo la Cassazione “La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui all’art. 2 comma 8 bis dpr 322/1998. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall’art. 2 dpr 322/1998 e dall’istanza di rimborso di cui all’art. 38 dpr 602/1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”.

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