Cessione onerosa di terreno edificabile rivalutato: l’omessa indicazione nell’atto di compravendita del valore contenuto in perizia non giustifica la rettifica della plusvalenza

by admintrib

 

“In tema di plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. a) e b), del d.P.R. n. 917 del 1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, l’indicazione, nell’atto di vendita dell’immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base della perizia giurata a norma dell’art. 7 della l. n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell’imposta sostitutiva, né la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene”.

Questo l’arresto nomofilattico ribadito con ordinanza n. 33772 del 16 novembre 2022 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. Lume).

Nei fatti l’Agenzia delle Entrate con avviso di accertamento recuperava a tassazione nei confronti di un contribuente la plusvalenza, data dalla differenza tra il prezzo indicato nella perizia di stima e quello della compravendita, realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di un terreno edificabile. La CTR, riformando la decisione di primo grado, accoglieva l’appello dell’Ufficio affermando che in occasione dell’atto di compravendita la perizia non era stata menzionata; ciò determinava la legittimità della rettifica effettuata dall’Ufficio in merito alla quantificazione della plusvalenza tassabile, in quanto l’indicazione nell’atto di compravendita un valore inferiore a quello determinato tramite perizia di stima avrebbe esposto il contribuente ad una possibile rettifica della determinazione della plusvalenza stessa. Ricorreva per cassazione la parte contribuente denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, commi 1 e 6, della l. n. 448 del 2001.

Come ricordato dalla Corte “la possibilità conferita al contribuente di usufruire del meccanismo agevolativo di cui all’art. 7, comma 1, della l. n. 448 del 2001 – secondo il quale <<…può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima […] unicamente condizionato al pagamento dell’imposta sostitutiva […] a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 6>> – va intesa infatti nel senso che una volta verificatisi i presupposti previsti dalla disposizione anzidetta per fruire dell’imposta sostitutiva, tale meccanismo impedisce di recuperare, ai fini del computo della plusvalenza, il valore storico del bene anteriore a quello di perizia, ancorché detto valore non sia indicato nell’atto o sia indicato un valore commerciale inferiore a quello periziato, come tale inidoneo a determinare l’insorgenza di un reddito tassabile rispetto al valore periziato maggiore”.

In tal senso, come sottolineato dai Giudici di Legittimità, “il rapporto contribuente-fisco, con riferimento al tema delle plusvalenze, viene regolato, per scelta volontaria del primo, in modo speciale rispetto alla disciplina ordinaria proprio per effetto del meccanismo – normativamente previsto – che ruota attorno alla fissazione del valore normale minimo di riferimento, determinato per effetto di una stima operata sul valore attuale del bene, sulla cui base il contribuente compie un atto inequivocabilmente rivolto a valersi del beneficio previsto provvedendo al pagamento dell’imposta sostitutiva” e che dunque “perfezionate le condizioni di cui all’art. 7, il valore normale minimo di riferimento consente al fisco di riscuotere l’imposta sostitutiva, sicché, pur non essendovi alcun vincolo nella successiva alienazione del bene quanto all’indicazione del prezzo di alienazione – che potrà essere inferiore rispetto al valore indicato nella perizia giurata – non può profilarsi la decadenza dal beneficio e la reviviscenza del valore storico del bene, né l’Amministrazione finanziaria potrà calcolare la plusvalenza secondo i criteri ordinari previsti dall’art. 68 t.u.i.r., cioè partendo dal vecchio valore di acquisto, e non potrà recuperare il valore storico del bene se non quando lo stesso dimostri, con onere a suo carico, che il valore normale minimo di riferimento risultante dalla perizia non corrisponde all’effettivo valore del cespite”.

La Corte, accolto il ricorso, ha pertanto sottolineato come, alla luce di tale principio, la CTR ha erroneamente ritenuto che l’omessa indicazione del valore normale minimo di riferimento contenuto in perizia e l’indicazione di un prezzo di cessione inferiore ad esso giustificasse la rettifica del valore della plusvalenza sulla base del valore storico del bene.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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