Ancora una volta la Corte di Cassazione dichiara l’inutilizzabilità del valore accertato ai fini dell’imposta di registro per l’accertamento della plusvalenza, ai fini Irpef, nei confronti del venditore dell’immobile oggetto di traferimento.
A confermare l’orientamento predominante in giurisprudenza, è intervenuta questa volta la sezione tributaria della Corte Suprema, con la sentenza n. 7488 del 15 aprile 2016.
Preciso e lapidario si rivela l’incipit del massimo consesso, il quale, nel confermare la decisione appellata, ha affermato il seguente principio di diritto: “Il valore accertato o definito ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari non può radicare, di per sé, alcuna presunzione nell’ambito dell’accertamento della plusvalenza a carico dell’alienante ai fini IRPEF. Lo afferma l’art. 5, comma 3 del D. Lgs. n. 147/2015 con norma interpretativa, perciò di carattere retroattivo e applicabile ai giudizi in corso per le fattispecie anteriori allo stesso D.Lgs. 147.”.
Di rilievo le conseguenze pratiche della sentenza, che inibisce all’ufficio, come del resto già fatto in altre occasioni, di utilizzare il valore divenuto definitivo ai fini dell’imposta di registro come elemento autonomo e di per sé sufficiente a fondare la presunzione di un maggior corrispettivo incassato da parte del venditore, come tale idoneo a far scattare l’individuazione della plusvalenza rilevante ai fini dell’imposizione diretta.
(Commento a cura del Dott. Daniele Brancale)