Notifica dell’avviso di accertamento a società già estinta dal Registro delle Imprese: si configura un vizio insanabile del processo che deve condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito

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Con l’ordinanza n. 12454 del 12 maggio 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bisogni, Rel. Gori) torna a fare chiarezza circa gli effetti in tema di contenzioso tributario della cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado.

Nei fatti la CTR del Piemonte accoglieva l’appello proposto da un contribuente avverso la sentenza della CTP di Torino che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso dello stesso contro un diniego di condono ex art.12 della l. 289/2002, a seguito di rilevata tardività del pagamento della seconda rata della c.d. rottamazione dei ruoli, procedura di definizione agevolata intrapresa a seguito della notifica di cartella di pagamento in relazione all’anno di imposta 1996. In particolare la CTR aveva ritenuto di non condividere la decisione di primo grado, in quanto il provvedimento di diniego era stato notificato alla S.a.s. (di cui il ricorrente era socio accomandatario illimitatamente responsabile) quando questa era ormai cessata da circa tre anni, con conseguente impossibilità di intraprendere l’azione erariale dopo un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. Da qui il ricorso per cassazione dell’Agenzia.

La Corte, respinto il ricorso dell’Ufficio e riprendendo quanto più volte affermato, ha chiarito come in tema di contenzioso tributario (con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi :società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute; che a diverse tipologie di atti impositivi: avvisi di accertamento, cartelle di pagamento) la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore. In tale circostanza, dunque, eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, ricorre un vizio insanabile originario del processo, che deve condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito (cfr. Cass. sez. V n. 5736/2016, Cass. sez. V n. 20252/2015, Cass. sez. V n. 21188/2014).

I Giudici di Legittimità hanno anche ribadito come tale difetto originario: non lascia spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. sez. V, n. 4778/2017, Cass sez. V. n. 2444/2017; Cass. n. 23029/2017, Cass. Sez. V n. 16362/2020); sia rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità (Cass. Sez. V n. 21188/2014, Cass. Sez. V. n. 20252/201).

A nulla, inoltre, è valsa la doglianza presentata dall’Agenzia circa la notifica del provvedimento di diniego della definizione dei carichi di ruolo al socio accomandatario. In particolare, come evidenziato dalla Corte nel caso di specie, l’Agenzia non aveva dimostrato il fatto attraverso la riproduzione della copia della relata di notifica (cfr. Cass. Sez. V n. 1150/2019), la sentenza impugnata non aveva accertato in alcun modo la circostanza ed era stato specificamente contestato nel controricorso che il diniego fosse pervenuto direttamente al socio.

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