Incorre nel difetto motivazionale la sentenza che giustifica la pretesa impositiva solo con la perizia UTE.

by Luca Mariotti

Con la sentenza n. 8249, depositata in data 4 aprile 2018, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Chindemi, Rel. Fasano) ha ribadito la pretesa erariale legata ad un maggior valore di un immobile non possa fondarsi semplicemente su una perizia UTE.

I Giudici di legittimità hanno infatti osservato che, esaminando la “ratio decidendi” della sentenza di appello, risulta evidente che la stessa si era basata sugli elementi (potenzialità edificatoria del terreno e criterio sintetico comparativo) utilizzati nelle valutazioni eseguite dall’UTE. Al contrario non era stato fatto  nessun riferimento nella motivazione alle allegazioni e contestazioni espresse in giudizio dalla contribuente. Con ciò viene rilevato che il giudice di appello ha ignorato gli elementi che parte ricorrente aveva addotto come base per il raggiungimento del convincimento giudiziale, chiaramente evidenziandosi l’omesso esame delle sue deduzioni difensive.

Il problema verte quindi sul vizio motivazionale della sentenza di secondo grado. Infatti nell’ipotesi in cui siano state mosse critiche puntuali e dettagliate alla valutazione della stima UTE, il giudice che intende disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni rassegnate dall’Ufficio. In particolare, nell’ipotesi in cui la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima effettuata dall’UTE, il giudice investito della relativa impugnazione è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi, esplicitando in modo puntuale, nella motivazione della sentenza, le ragioni del proprio convincimento.

Quanto alla stima dell’UTE come prova, la Corte ricorda che, processualmente, essa costituisce un semplice atto di parte, una perizia di parte, idonea a fondare la pretesa dell’ufficio finanziario, ma sempre nella dialettica del processo, con la conseguenza che il giudice è tenuto a verificare se la stima sia o meno idonea a superare le contestazioni dell’interessato, rendendo chiaro il percorso logico- giuridico che ha condotto al suo convincimento.

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