“In tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, il valore dei beni mobili venduti nel corso del periodo di imposta considerato, ma consegnati all’acquirente nell’anno successivo, deve essere incluso, ai sensi dell’art. 75, comma secondo, lett. a) D.P.R. n. 917 del 1986, tra le rimanenze finali del venditore”
Il principio di diritto, ripreso da giurisprudenza precedente, viene ribadito dalla sentenza n. 25757 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 23 settembre 2024 (Pres. Napolitano, Rel. Rosetti).
L’Agenzia delle Entrate contestava ad una società che per l’anno 2006 aveva posto in essere una serie di contratti, qualificati come cessioni ovvero vendite di beni mobili (si trattava di macchinari per il taglio dei marmi prodotti dalla società), che tali contratti fossero invece da qualificarsi piuttosto come appalti di servizi e i relativi ricavi dovessero essere imputati all’anno in cui la prestazione di fare oggetto principale del contratto era stata completata, ai sensi dell’art. 109, comma 2, lett. b), D.P.R. 22/12/1986, n. 917, e comunque al momento della effettiva consegna e non al momento in cui la società assumeva di avere messo a disposizione degli acquirenti i macchinari ma senza averli trasportati e montati e senza avere ancora fatturato il corrispettivo della cessione.
Nei gradi di merito la società era risultata vittoriosa.
La Corte accoglie invece un motivo di ricorso dell’Agenzia. Precisa al riguardo che, una volta qualificati i contratti in questione come vendite di beni mobili, o comunque contratti con causa mista nei quali assume rilievo del tutto prevalente la prestazione di dare, la regola applicabile per determinare i criteri temporali di imputazione dei ricavi è dettata dall’art. 109, comma 2, lett. a), TUIR, disposizione che recita: “ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale”.
Il momento decisivo per determinare l’esercizio al quale vanno imputati i ricavi e cioè i corrispettivi della vendita di beni mobili è, dunque, quello in cui i beni mobili sono consegnati o spediti.
La sentenza impugnata ha inteso quale momento della consegna quello in cui, come da verbali allegati in atti e comunque descritti in modo conforme dalle parti, la parte venditrice avvisava la parte acquirente della avvenuta produzione del macchinario e della sua messa a disposizione presso un magazzino della società, e invitava la controparte ad organizzare il ritiro della merce nei primi mesi dell’anno successivo. Ebbene, la motivazione della sentenza nel qualificare quale consegna la descritta attività ha errato perché la consegna, ai fini della applicazione dell’art. 109, comma 2, lett. a), TUIR, andava rettamente individuata nel momento in cui i beni uscivano dalla materiale disponibilità del venditore e venivano trasportati e montati presso la sede dell’acquirente in ragione di prestazioni a carico del venditore.
La disposizione tributaria intende quale consegna il trasferimento della disponibilità materiale dei beni e ad esso collega la prescrizione circa l’imputazione dei ricavi, anche nell’ipotesi in cui questa trasmissione sia successiva rispetto al trasferimento della proprietà dei beni eventualmente intervenuta in ragione del principio del consenso traslativo.
Ai fini della imputazione dei ricavi rilevi il momento della consegna quale materiale trasmissione della disponibilità della cosa e come la regola dettata dalla disposizione tributaria sia derogatoria e prevalente sulla alternativa costituita dalla generale e indiscriminata applicazione del principio consensualistico della vendita. Ad avviso del Collegio la motivazione della sentenza impugnata è, pertanto, incorsa in errore nell’annullare l’accertamento sul presupposto che la consegna dei beni si fosse concretizzata nell’anno indicato dalla società contribuente piuttosto che in quello rettamente individuato dall’Ufficio impositore.