Un’operazione antieconomica isolata non può da sola giustificare l’accertamento analitico-induttivo.

by Luca Mariotti

L’ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25217 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Greco, Rel Crucitti) ci pare interessante poiché i Giudici di Legittimità, in riforma della sentenza della CTR impugnata, ritengono illegittimo l’utilizzo del metodo analitico-induttivo di accertamento in presenza di una sola operazione ritenuta antieconomica posta in essere dalla società contribuente se tale operazione nell’accertamento viene isolata dal contesto complessivo risultante dalla contabilità (non disconosciuta).

I Giudici rammentano che, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, «l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata» (cfr. tra le molte Cass. n. 20060 del 24/09/2014).

Allo stesso modo, in materia di IVA, si è statuito che «l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni>> (Cass. Ordinanza n. 26036 del 30/12/2015).

Con riferimento alla sentenza della Commissione tributaria regionale, la Corte ritiene non corretto aver ritenuto fondata l’applicazione del metodo analitico-induttivo sulla base di una circostanza, dalla stessa CTR ritenuta presunzione semplice, ovvero l’antieconomicità di una sola operazione. Inoltre la Sezione Tributaria rileva come la CTR non abbia tenuto conto, nella sua valutazione, di tutta una serie di elementi fattuali dai quali si evinceva la complessiva situazione finanziaria positiva della Società e l’esistenza di un utile di esercizio, malgrado l’asserita “antieconomicità” dell’operazione.

Non è facilissimo ricavare un principio dalla motivazione della ordinanza, visto che parlare di un solo elemento considerato, in contrapposizione alla necessaria considerazione di presunzioni gravi, precise e concordanti, non sarebbe di per sé ostativo, almeno se ci si ponesse in linea con un (discusso) orientamento consolidato della Corte stessa per il quale la “concordanza” può essere desunta anche da un solo elemento. Dovendo tuttavia trarre un riferimento da poter leggere in chiave generale potremmo affermare che l’ordinanza pone la questione della illegittimità del metodo di accertamento analitico-induttivo basato su una sola circostanza che rivesta i caratteri di presunzione semplice, con riferimento all’antieconomicità di una operazione isolata dalla valutazione del complessivo contesto imprenditoriale. E non è un principio da trascurare, evidentemente.

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