Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: la costituzione di un fondo patrimoniale non integra da sola gli estremi del reato.

by Luca Mariotti

La Sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 47827 depositata il 17 ottobre 2017 (Pres. Cavallo, Rel. Di Stasi) afferma in modo rigoroso alcuni principi in relazione al reato di cui all’articolo 11 del D.Lgs. 74/2000.

In tale contesto infatti, la definizione del reato come “di pericolo”, a parte le fattispecie di evidente distrazione, può far risultare non facile la corretta considerazione delle circostanze di fatto da parte degli operatori.

Ebbene, con riferimento al caso concreto in esame, la costituzione di un fondo patrimoniale in presenza di reiterati omessi versamenti Iva, secondo la Corte, non configura da sola l’elemento oggettivo del reato. E’ infatti onere dell’accusa accertare che nell’operazione sussistano gli elementi tipici della sottrazione fraudolenta. Infatti “…non è ipotizzabile una sostanziale inversione dell’onere della prova, sul solo presupposto che la creazione del patrimonio separato rappresenti di per sé l’elemento materiale della sottrazione del patrimonio del debitore”.

Per la Corte allora il processo di merito deve, dunque, individuare quali siano gli aspetti dell’operazione economica che dimostrino la strumentalizzazione della causa tipica negoziale allo scopo di evitare il pagamento del debito tributario”.

Sotto altro profilo i Giudici della Terza Sezione ritengono errata anche la decisione dei Giudici di appello che hanno determinato il quantum da sottoporre a confisca individuando il profitto del reato nell’ammontare complessivo delle imposte oggetto di sottrazione fraudolenta al pagamento.

Costituisce, infatti, principio consolidato che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma e non nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto, (Sez.3,n.33184 del 12/06/2013, n.40534 del Rv.256850;Sez.3, n.10214 06/05/2015, Rv.265036; de122/01/2015, Sez.3, n.39187 Rv.262754;Sez.3, del 02/07/2015, Rv.264789).

E’ da ricordare che solo poche settimane fa la sentenza n. 44451 della stessa Sezione aveva ritenuto rientrante nella fattispecie di reato una operazione di ristrutturazione aziendale nella quale assai meno direttamente della costituzione di un fondo patrimoniale si poteva identificare un pericolo (pur astratto) per la riscossione. In tale caso fu valorizzata la “… diminuzione, anche non totale, della garanzia patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore fiscale”. Forse, ribadiamo, meno immediata in quel caso piuttosto che in relazione ad un negozio con tipica funzione segregativa.

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