“In caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso, incombe sull’Amministrazione l’onere di fornire la prova della sussistenza di tali requisiti. L’Amministrazione finanziaria è tenuta, quindi, con onere della prova a suo carico (anche per il principio di vicinanza alla prova), a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 8009 (Pres. Lenoci, Rel. Angarano) del 26 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Nei fatti con avviso di accertamento l’Agenzia contestava ad una s.r.l. una maggiore irap in relazione alla mancata contabilizzazione di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi resi in outsourcing. L’atto impositivo veniva impugnato dalla s.r.l.: la C.t.p. rigettava il ricorso con sentenza riformata in appello. L’Agenzia ricorreva dunque per Cassazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui dichiarava l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione non avendo lo stesso Ufficio dimostrato il corretto esercizio del potere di firma e la presenza di una eventuale delega.
La Corte, respinto il ricorso dell’Ufficio, ha ricordato come, secondo giurisprudenza consolidata, “l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell’onere della prova non può subire eccezioni” (Cass.17/7/2019, n. 19190).