Società non operativa e diritto alla detrazione IVA: la Cassazione prende atto dell’intervento della Corte di Giustizia Europea.

by AdminStudio

“Il diritto di detrazione va riconosciuto se: a) nel corso del periodo d’imposta controverso, in relazione al quale l’autorità tributaria ha reputato la società non operativa, la stessa abbia effettivamente esercitato un’attività economica (indipendentemente dallo scopo o dai risultati), intesa come comprensiva di ogni attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi, per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità; b) la società medesima abbia impiegato i beni e servizi acquistati per le sue operazioni soggette ad imposta, e ciò indipendentemente dai risultati delle attività economiche; c) le operazioni non si inseriscano in una frode o non integrino, ai fini unionali, un abuso, inteso anche, come si esprime la sentenza della CGUE (v. par. 33-36), quale «realizzazione di una costruzione artificiosa»”.

Questo il principio di diritto affermato con sentenza n. 7137 (Pres. Cirillo, Rel. Lume) del 17 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Nei fatti a seguito di verifica fiscale effettuata dall’Ufficio antifrode della Direzione regionale della Toscana dell’Agenzia delle entrate, la Direzione provinciale di Lucca emetteva nei confronti di una s.r.l. avvisi di accertamento con cui recuperava Ires, Irap e Iva per gli anni di imposta 2004, 2006, 2007, 2008. Tra gli altri poiché la s.r.l. non aveva compiuto altre operazioni nel 2006 ed era completamente inattiva nel 2005, 2007 e 2008, l’ufficio procedeva ad accertare il reddito annuo minimo, ai sensi dell’art. 30 della l. n. 724 del 1994, della società per gli anni 2006, 2007 e 2008 in base al valore del patrimonio; per l’anno 2008 inoltre annullava un credito Iva di euro 468.505,00 essendo maturato un triennio di inattività, ai sensi dell’art. 30, comma 4, della l. n. 724/1994. La CTP respingeva i ricorsi della contribuente. La CTR valutava come corretto il conteggio effettuato dall’ufficio per la determinazione della redditività teorica e corretta la perdita del diritto al rimborso dell’Iva a credito residua. Contro tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la società.

In tema di società non operative diritto alla detrazione Iva la Corte ha dato conto del recente intervento della giurisprudenza unionale (CGUE Sez. III, 07/03/2024, n. 341/2022) la quale ha sancito che: a) “l’art. 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone”; b) “l’art. 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle”.

Con tale arresto i Giudici Unionali hanno altresì affermato che: 1) «l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone» posto che per determinare la qualità di soggetto passivo rileva «esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e … sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità»; 2) «nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia» e, anzi, al contrario, «il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste … indipendentemente dai risultati delle attività economiche del soggetto passivo interessato», fatta salva l’ipotesi in cui ricorra una frode o un abuso del diritto; 3) l’art. 30 della legge n. 724/1994 assolve alla funzione di disincentivare le evasioni e, a tal fine, si basa sulla presunzione per cui, quando l’importo delle operazioni effettuate a valle da una società in un determinato periodo d’imposta non raggiunge una soglia (calcolata applicando i criteri previsti dalla norma), la società non è operativa salvo che essa «non riesca a dimostrare che elementi oggettivi giustificano l’impossibilità di raggiungere la soglia», da cui l’impossibilità di esercitare il diritto di detrazione; 4) tuttavia, tale presunzione, si fonda «su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso» poiché prescinde da una valutazione «della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini IVA» ed è ancorata solo al parametro della «valutazione del volume» degli affari, sicché essa «eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi».

Accolto il ricorso, nel caso di specie, i Giudici hanno dunque chiarito come l’art. 30 l. n. 724 del 1994 va disapplicato, non potendosi far derivare la privazione del diritto di detrazione dall’entità delle operazioni realizzate dalla contribuente ma solo ove la situazione sia riconducibile ad una frode o ad un abuso, alla luce degli stessi principi affermati dalla Corte unionale.

 

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