Società di comodo: il mancato rispetto delle soglie dei ricavi può essere bypassato dimostrando, con qualunque mezzo, la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società.

by AdminStudio

Con sentenza del 28 novembre 2024, n. 29854 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Angarano) analizza a fondo a questione delle “Società di comodo” in ambito di imposte dirette.

La Corte ricorda che la disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 30 legge n. 724 del 1994.Il comma 1, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le percentuali ivi espressamente previste. I commi 3 e 3-bis, prevedono, poi, che, fermo l’ordinario potere di accertamento, ai fini dell’imposta sul reddito e dell’Irap si presume che la base imponibile non sia inferiore ai valori determinati anch’essi secondo criteri predeterminati. Il successivo comma 4-bis, sempre nel testo applicabile ratione temporis, prevede, tuttavia, che “in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’art. 37 bis, comma 8, del decreto del presidente Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”. Originariamente la disposizione faceva riferimento a oggettive situazioni “di carattere straordinario”, ma detta ultima locuzione non è più presente dal 1 gennaio 2007, a seguito dell’art. 1, comma 109, lett. h, legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria del 2007). Infine, il comma 4-ter, (inserito dall’art. 1, comma 128, lett. f) legge 24 dicembre 2007, n. 244) prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia possono essere individuate “determinate situazioni oggettive”, in presenza delle quali non trovano applicazione le disposizione dettate per le società di comodo.

Il Direttore dell’Agenzia, con decreto n. 23681 del 2008, in attuazione di detta ultima disposizione, ha previsto la disapplicazione automatica per le seguenti ipotesi: a) società in stato di liquidazione, b) società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria. c) società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui agli articoli 2-sexies e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n. 575 o in altre fattispecie analoghe in cui il Tribunale in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore giudiziario. d) società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in locazione ad enti pubblici ovvero locati a canone vincolato in base alla legge 9 dicembre 1998 n. 431 o ad altre leggi regionali o statali. e) società che detengono partecipazioni in: 1) società considerate non di comodo ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994; 2) società escluse dall’applicazione della disciplina di cui al citato articolo 30 anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione; 3) società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’articolo 168 t.u.i.r. La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni; f) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza che non hanno subito modificazioni nei periodi di imposta successivi.

Nel medesimo provvedimento si prevede che costituiscono, inoltre, situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, senza necessità di presentare istanza di interpello, anche le nuove fattispecie di esclusione individuate dall’articolo 1, comma 128, lettere b) e c), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008).

Per completezza va aggiunto che detto provvedimento, nel 2012, è stato integrato con la previsione di ulteriori cause di esclusione automatica (Provv. Direttore Agenzia delle entrate n. 2012/87956).

In sintesi, l’applicazione della disciplina delle società di comodo è subordinata all’esito negativo di un test basato su specifici coefficienti matematici, finalizzato ad accertare la condizione di non operatività. Detta ultima si ritiene sussistente quando l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi ordinari, imputati al conto economico, è inferiore a quello dei ricavi figurativi. Si tratta, dunque, di una mera operazione matematica incentrata sull’applicazione di un coefficiente stabilito per legge sul valore di taluni cespiti. La determinazione dell’imponibile è effettuata sulla base di precisi criteri di legge, che escludono qualsiasi discrezionalità deduttiva, imponendosi sia in sede di accertamento, sia di determinazione giudiziale, salva la prova contraria da parte del contribuente. Dal possesso di alcuni beni, che costituisce il fatto noto, si risale al reddito, che rappresenta il fatto ignoto, ascrivibile al contribuente (Cass. 23/11/2021, n. 36365 Cass. 05/07/2016, n. 13699).

Il mancato superamento della c.d. soglia di operatività fissata dall’art. 30 costituisce presunzione legale, relativa, della natura non operativa della società contribuente e comporta, pertanto, l’applicazione della disciplina ivi dettata. In particolare, al ricorrere della presunzione sancita dall’art. 30, comma 1, cit. il legislatore correla, con il comma 3, una seconda presunzione, anch’essa relativa, di reddito minimo fondata su coefficienti medi di redditività degli elementi patrimoniali di bilancio (Cass. 24/01/2022, n. 1898).

La disciplina, pertanto, opera su due diversi livelli. Ad un primo livello, fornisce la definizione di non operatività degli enti (c.d. test di operatività), attraverso un confronto tra i proventi derivanti dall’attività d’impresa, emergenti dalla contabilità, e quelli individuati applicando specifici coefficienti al valore dei beni immobili, delle partecipazioni e delle altre immobilizzazioni della società; ad un secondo livello, per i soggetti che non hanno superato il test, fa scattare la presunzione di un reddito minimo, che viene determinato in rapporto al valore dei beni della società, ai quali sono applicati altri coefficienti (Cass. n. 1898 del 2022 cit.).

Il contribuente ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, può provare, con onere a suo carico, l’impossibilità, per situazioni oggettive, di conseguire il reddito presunto secondo il meccanismo di determinazione di cui all’art. 30 cit. Se, invece, ricorre una delle situazioni di impossibilità oggettiva predeterminate dal Direttore dell’Agenzia delle entrate con il provvedimento di cui al successivo comma 4-ter il contribuente può invocare la disapplicazione automatica.

L’interpello disapplicativo di cui al comma 4-bis non esclude, che lo stesso, come accaduto nel caso trattato, possa proporre comunque la questione sia per la prima volta direttamente in giudizio, senza la previa proposizione dell’interpello, sia dopo che questo sia stato respinto, impugnando direttamente l’atto impositivo. Si è chiarito, infatti, che l’interpello non è una condizione di procedibilità né comporta l’elisione della facoltà per il contribuente di superare la presunzione legale di non operatività sancita dall’art. 30, comma 1, cit. (Cass 23/05/2022, n. 16472).

Sempre in tema di prova contraria, si è chiarito che l’onere probatorio può essere assolto dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società (cfr Cass. 23/05/2022, n. 16472 Cass. Cass.2/09/2021, n. 26219, Cass. 24/02/2021, n. 4946, cit., in motivazione). Tale conclusione, infatti, è coerente con la formula “salvo prova contraria”, inserita già nell’art. 30, comma 1 (applicabile ratione temporis), a prescindere dal successivo comma 4-bis. ed appare logicamente indotta anche dalla considerazione che, se è rilevante la prova contraria rappresentata dalla necessaria dimostrazione della carenza indiziaria degli elementi sintomatici (l’esito quantitativo del test) sui quali la presunzione legale di un fatto (l’inoperatività della società) si fonda, non può non essere rilevante anche la prova contraria che dimostri proprio l’inesistenza dello stesso fatto presunto (ovvero che provi l’operatività della società e l’effettività dell’impresa) (Cass. n. 16472 del 2022 cit.).

Le situazioni oggettive previste dal Direttore dell’Agenzia, nel provvedimento richiamato dal comma 4-ter per la disapplicazione automatica della disciplina delle società non operative, non possono essere soggette ad un’interpretazione estensiva, o addirittura analogica, delle fattispecie contemplate dal decreto.

La tesi della società contribuente, volta ad equiparare il pignoramento immobiliare, ancorché di tutto il patrimonio, al sequestro penale o alla confisca, espressamente contemplati nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia, va, pertanto, disattesa.

Tuttavia è stato già chiarito che la prova contraria che il contribuente è tenuto a fornire deve essere intesa, non in termini assoluti, quanto piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato (Cass. 14/06/2024, n. 16600, Cass. 16/05/2023, n. 13328, Cass. 20/06/2018 n. 16204; Cass. 12/02/2019, n. 4019; Cass. 05/04/12/2019, n. 31626; Cass. 01/02/2019, n. 3063; Cass. 28/05/2020, n. 10158).

La stessa può riguardare, oltre che il mancato raggiungimento della soglia di operatività, anche il reddito minimo presunto normativamente, ben potendo la società evidenziare le circostanze che hanno impedito il raggiungimento della soglia minima di componenti presuntivi e che, pertanto, giustificano la minore entità di componenti positivi dichiarati e risultanti dalla contabilità, nonché contestare le ulteriori presunzioni poste dalla normativa, indicando eventuali condizioni che hanno reso impossibile conseguire l’imponibile minimo (in tal senso, anche la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 2007).

Ne consegue che “ogni situazione in grado di giustificare la divergenza tra il quantum dichiarato dal contribuente ed il quantum determinato applicando i parametri di legge deve essere presa in considerazione al fine di verificare il superamento delle presunzioni di legge. La caratteristica di “oggettività” delle situazioni che il contribuente può far valere, nella ratio del comma 4-bis dell’art. 30, non ha, infatti, la funzione di distinguere tra cause esterne, che si impongono al soggetto, e cause che derivano (anche solo in parte) da libere determinazioni di quest’ultimo, ma quella di richiedere che quest’ultimo sia in grado di dimostrare oggettivamente la non fittizietà di quanto dichiarato” (Cass. 23/05/2022, n. 16472, Cass. 13/05/2021, n. 12862).

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2024 – Associazione culturale “il tributo” – Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481