Nella Sentenza 26 giugno 2015, n. 13259, la Corte di Cassazione si allinea alla giurisprudenza precedente (cfr. SS.UU. n. 6070/2013) stabilendo che deve escludersi che la cancellazione della società dal registro della imprese – pur provocando l’estinzione dell’ente debitore (per le cancellazioni successive all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. n. 6/2003, che, modificando l’art. 2495, secondo comma, cod. civ. ha ad esse attribuito efficacia costitutiva)- comporti al tempo stesso la sparizione dei debiti insoddisfatti che la società aveva nei riguardi dei terzi.
Si determina invece un fenomeno di tipo successorio, sia pure connotato da caratteristiche sui generis, in dipendenza del quale i soci sono gli effettivi titolari dei debiti sociali – conservando, il debito originario della società, intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica (Cass. n. 5113/2003)- nei limiti in cui abbiano ricevuto utili in base a riparto, a seguito di bilancio finale di Liquidazione.
Da tale ultima condizione dipende la possibilità di proseguire – o instaurare- l’azione da parte del creditore sociale (Cass. n. 7676/2012; 7679/2012 n. 19453/2012).
La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali non assolte è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione della società, e che tale quota è stata attribuita al socio (Cass. nn. 3879/75; 5489/78; 1468/2004): ne consegue che il creditore, il quale intenda agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo (vale a dire la sua legittimazione passiva) , e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata da questi riscossa.
Nella vicenda di cui si tratta invece, la difesa dell’Amministrazione finanziaria resistente, dopo avere correttamente affermato che la responsabilità del socio di una società cancellata dal registro delle imprese “attiene esclusivamente alla fondatezza della pretesa creditoria nei confronti dei soci e rileva esclusivamente sul piano probatorio”, non trae la coerente deduzione da tale premessa: ossia che spetta al creditore (che pretende), e non al debitore, l’onere della prova dell’azionata pretesa.
La cancellazione dal registro delle imprese, secondo la Corte, costituisce il presupposto della proponibilità dell’azione nei confronti dei soci; l’avvenuta percezione di somme in sede di liquidazione del bilancio finale costituisce il limite della responsabilità dei soci; sia la reale percezione delle somme sia l’entità di tali somme rilevano sul piano probatorio e vanno provate dal creditore che intende agire contro i soci, secondo il normale ripario dell’onere della prova.