Rivalutazione monetaria ammessa nei rimborsi tributari.

by Luca Mariotti

“Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.

Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori”.

Questo il contenuto dell’articolo 1224 codice civile il cui secondo comma è la base per chiedere ed ottenere in giudizio, oltre agli interessi (primo comma) anche la rivalutazione monetaria del capitale (secondo comma).

Con tale premessa, è ammissibile nel giudizio tributario la liquidazione di una somma per rivalutazione monetaria quando un credito del contribuente dia finalmente luogo al rimborso richiesto solo in seguito all’attivazione di un contenzioso e decorso un tempo lunghissimo? La risposta la fornisce la Corte di Cassazione nella sentenza 8 febbraio 2017, n. 3331 della quinta sezione civile (Pres. Cappabianca, Rel. Latorre). Ed è una risposta positiva.

La Corte precisa preliminarmente che qualora il contribuente evidenzi nella dichiarazione, secondo le modalità stabilite dalla legge, un credito d’imposta, non occorre da parte sua alcun altro adempimento ai fini di ottenerne il rimborso, in quanto tale condotta costituisce già istanza di rimborso, che tiene luogo, a tutti gli effetti, di quella di cui al d.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, essendo l’Amministrazione – edotta, con la dichiarazione, dei conteggi effettuati dal contribuente – posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria.

Tanto ciò è vero che da quel momento decorre l’ordinario termine di prescrizione decennale per l’esercizio della relativa azione dinanzi al giudice tributario (d.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2: cfr. da ultimo Cass. n. 16797/16).

Per la Corte, dunque, la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel ritenere non applicabile nel caso dell’obbligazione di rimborso dell’IRPEG il disposto dell’art. 1224 comma 2, c.c., in quanto non si può negare in astratto il diritto del contribuente al risarcimento del maggior danno da ritardo nei rimborso IRPEG. Ciò salvo adottare particolare rigore nella valutazione della prova di tale danno, proprio in ragione della specialità della fattispecie tributaria.

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