Regime degli impatriati: ammesso il rimborso delle maggiori imposte trattenute dal datore di lavoro.

by AdminStudio

L’Ordinanza 27 dicembre 2024 n. 34655 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. Nardin) respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate con il quale era stata impugnata una sentenza della C.T.R. della Lombardia, che, riformando la sentenza di primo grado, aveva accolto i ricorsi proposti da un contribuente – riuniti dalla C.T.P. – per il rimborso dell’IRPEF relativa agli anni di imposta 2017 e 2018, richiesto ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. 147/2016, in quanto lavoratore ‘impatriato’.

La Corte fa presente che l’art. 3 della L. 238/2010 stabilisce al primo comma che ” I redditi di lavoro dipendente, i redditi d’impresa e i redditi di lavoro autonomo percepiti dalle persone fisiche di cui all’articolo 2 concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali: a) 20 per cento, per le lavoratrici; b) 30 per cento, per i lavoratori”, con una durata inizialmente stabilita dalla data di entrata in vigore della legge sino a 31 dicembre 2013 (art. 1), successivamente prorogata al 31 dicembre 2017 dall’art. 10 comma 12 octies del D.L. 192/2014 con con. mod. in L. 11/2015.

Il regime previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 147/2015, che espressamente abroga l’art. 10, comma 12 octies cit., invece, stabilisce la concorrenza dei medesimi redditi alla formazione del reddito nella misura del 30 per cento (comma 1), prevedendo, nondimeno, che l’agevolazione si applichi a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza del lavoratore nel territorio dello Stato, per i quattro anni successivi (comma 3), essendo, inoltre, stabilita con la disposizione di cui all’art. 3 bis, introdotto dall’art. 5, comma 1 lett. d) del D.L. 34/2019 conv. con. mod. nella L. 58/2019, l’applicabilità dell’agevolazione per ulteriori cinque periodi di imposta per i lavoratori che acquistino un immobile residenziale in Italia, per i lavoratori con figli minori, con ulteriore riduzione della concorrenza del reddito da lavoro alla formazione del reddito complessivo al 10 per cento, per il caso di lavoratori con almeno tre figli.

In entrambi i casi, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, è necessario che il lavoratore formuli una richiesta al datore di lavoro. È infatti previsto dal comma 5 dell’art. 3 della L. 238/2010 che: “Il beneficio attribuito ai lavoratori dipendenti, su specifica richiesta di questi ultimi, è computato dal datore di lavoro ai fini del calcolo delle ritenute fiscali. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni necessarie per l’applicazione del presente comma”. Così come è previsto dal comma 4 dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015, che, in alternativa all’applicazione del regime agevolativo di cui alla L. 238/2010, il lavoratore possa ‘optare con modalità definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione, per il regime agevolativo di cui al presente articolo.

Si tratta, come ben si evince dalla mera lettura delle norme, di due disposizioni parallele, posto che in entrambi i casi si rimette ad un provvedimento del direttore della Agenzia delle Entrate di stabilire le modalità della richiesta.

Con l’art. 5, comma 1 lett. d) del D.L. 34/2019, conv. con mod. dalla L. 58/2019, è stato aggiunto all’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 -rubricato ‘Regime speciale per i lavoratori impatriati – il comma 5 ter, che nell’ultima parte dispone che: ‘Non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle somme versate in adempimento spontaneo’.

Il disposto del quarto comma dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015 stabilisce che al lavoratore che si sia trasferito in Italia entro il 31 dicembre 2015 si applichi la disciplina prevista dalla legge 238/2010, assicurando nondimeno la possibilità alternativa di formulare l’opzione per l’applicazione del regime previsto dal medesimo articolo 16.

Dunque a differenza di quanto eccepito da AdE, il meccanismo per la fruizione del beneficio non è mutato con l’introduzione della disposizione di cui all’art. 16 D.Lgs. 147/2015, essendo semplicemente previsto che con domanda diretta al datore di lavoro -necessaria in ogni caso- il lavoratore possa comunicare al medesimo l’opzione per il regime di cui allo stesso articolo 16, rimanendo, invece, applicabile la disciplina di cui all’art. 3 L. 238/2010, qualora il lavoratore inoltri la domanda, senza specificare di optare per l’alternativo regime. Il divieto di rimborso è stato introdotto solo con il comma 5 ter dell’art. 16 cit., tanto è vero, che, con la circolare n. 14/E del 4 maggio 2012, dopo avere chiarito alcuni aspetti applicativi dell’art. 3 della L. 238/2010 e ricordato che ‘la richiesta deve essere presentata entro i tre mesi dall’assunzione’ -introducendo, dunque, un termine per il suo inoltro- l’Agenzia delle entrate ha nondimeno precisato che: ‘In via residuale, il soggetto interessato può presentare richiesta di rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 602/1973 a un Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, allegando la documentazione rilevante a dimostrare la sussistenza dei presupposti per la fruizione del beneficio”.

L’assenza di un divieto di rimborso – antecedentemente all’introduzione del citato comma 5 ter – consente, dunque, di affermare che la scadenza del termine stabilito dai provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Entrate (29 giugno 2016, nel caso del provvedimento n. 46244 relativo all’opzione di cui all’art. 16 cit.), così come di quello introdotto dall’art. 3 comma 3 nonies del D.L. 244/2016 con. con mod. in L. 19/2017 (che proroga il termine stabilito dal provvedimento amministrativo n. 46244) non comporta la decadenza dal beneficio fiscale, ma più semplicemente non consente più di attivare la procedura di richiesta del beneficio tramite il sostituto di imposta, ponendo a carico del contribuente l’onere di richiedere il rimborso, ove intenda recuperare la maggiore imposta corrisposta. Né muta siffatto quadro la possibilità introdotta dall’art. 16 D.Lgs. 147/2015 di scelta fra due regimi fiscali diversi, posto che con la richiesta di rimborso il contribuente sarà tenuto ad indicare opzione prescelta.

D’altro canto, la precisazione -richiamata dalla ricorrente- introdotta dalla circolare 17/E del 23 maggio 2017 secondo cui ‘Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia potuto riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi. In tale caso il reddito da lavoro dipendente va indicato già nella misura ridotta’, da un lato, non esonera dalla formulazione della richiesta al datore di lavoro, fornendo una soluzione alternativa per il caso dell’impossibilità di provvedere del medesimo, dall’altro non introduce -né potrebbe non avendo valore di legge- il divieto di rimborso, consentito, come si è detto sino all’aggiunta del comma 5 ter dell’art. 16 D.Lgs. 147/2015.

 

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