Per il socio che prova la propria estraneità alla gestione sociale non vale la presunzione di attribuzione dei maggiori utili in società a ristretta base partecipativa.

by AdminStudio

L’Ordinanza 2 febbraio 2025, n. 2464 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. Fracanzano) tratta, tra l’altro della questione della tassazione per trasparenza dei soci di società a ristretta base in caso di maggiori utili attribuiti alla società.

Come è noto infatti in questi casi l’unica possibile difesa era la dimostrazione che i maggiori utili fossero stati accantonati o reinvestiti nella società stessa.

Citando una recente pronuncia (26473/2024) i Giudici di Legittimità precisano però che” In un primo tempo, questa Corte ha individuato il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella (sola) dimostrazione che i maggiori ricavi dell’ente siano stati accantonati o reinvestiti (ex plurimis, Cass. n. 18032/2013, Cass. n. 24534/2017, Cass. n. 29412/2017, Cass. n. 32959/2018), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permetterebbe, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine”.

La Corte prosegue però ricordando che “Successivamente, si è riconosciuta la possibilità per il socio di vincere la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, avendo ricoperto un ruolo meramente formale di semplice intestatario delle quote sociali, senza avere concretamente svolto alcuna delle attività di gestione e controllo riservate dalla legge (e dallo statuto) al socio della società a responsabilità limitata (ex plurimis, Sez. 5, Ordinanza n. 15991 del 7/6/2024; Sez. 6-5, Ordinanza n. 7170 del 04/03/2022, rv. 664082 – 01; Sez. 5, Ordinanza 15/9/2021, n. 24870; Sez. 5, Ordinanza 1/12/2020, n. 27445; Sez. 5, Ordinanza 24/7/2020, n. 15895; Sez. 6-5, Ordinanza n. 18042 del 09/07/2018, rv. 649406-01; Sez. 5, Sentenza 14/7/2017, n. 17461; Sez. 6-5, Ordinanza 22/12/2016, n. 26873; Sez. 6-5, Ordinanza 2/2/2016, n. 1932). 7.3. Il collegio è consapevole dell’esistenza di arresti anche recenti (Sez. 5, Sentenza n. 21158 del 29/07/2024, Rv. 671650-01) che ribadiscono la tesi tradizionale – sostenuta nelle sue conclusioni anche dall’Ufficio del Pubblico Ministero – secondo cui il contribuente non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma può solo dimostrare, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto, perché una ulteriore “agevolazione probatoria” colliderebbe con le ragioni che legittimano la presunzione posta dalla ristretta base sociale e ne svuoterebbe il contenuto. 7.4. Tuttavia, in questa sede, si intende ribadire la tesi emersa più di recente – da ultimo confermata da Sez. 5, Ordinanza n. 18764 del 09/07/2024, Rv. 671633-01- e che ammette, come prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, anche la dimostrazione dell’assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria. Ciò, infatti, non collide affatto con la ragione dell’operatività della presunzione in parola, che si fonda appunto sulla massima di comune esperienza che, dalla ristrettezza della base sociale, inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi. Una volta dimostrata, a dispetto della ristretta base sociale, l’assoluta estraneità del socio alla gestione e alla vita stessa della società, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci. 7.5. Il problema, dunque, si sposta sul piano della prova dell’estraneità assoluta del socio alla gestione e alla vita della società, che deve essere precisa e rigorosa.” (cfr. Cass., V, n. 26473/2024).

Nel caso specifico questa premessa di metodo, che ci pare molto interessante, non incide sulla decisione finale, favorevole all’Amministrazione. Viene rilevato infatti che “La CTR non ha invero accertato né la circostanza che gli utili siano stati accantonati e/o reinvestiti dalla società né risulta che il contribuente abbia mai allegato la sua assoluta estraneità alla gestione e conduzione societaria”.

Rimane comunque importante segnalare l’emergere, nella giurisprudenza, di un orientamento in via di consolidamento che ritiene la dimostrazione dell’estraneità del socio rispetto alla gestione una condizione sufficiente per disapplicare la presunzione di attribuzione degli utili.

 

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