Operazioni inesistenti ed onere probatorio.

by Luca Mariotti

La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza 22 settembre 2015 n. 18642, si sofferma sul riparto dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente in ordine al coinvolgimento dell’acquirente nelle frodi “carosello” poste in essere dal fornitore. I principi richiamati sono quelli della sentenza 10414/11, ovvero: “nel caso, come il presente, di apparente regolarità contabile della fattura, dotata dei requisiti di legge, l’onere della prova grava sull’Ufficio, nel senso che questi deve provare

1) gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili;
2) la connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova “certa” ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotati del requisito di gravità precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi – che possono coincidere con quelli sub) 1 -tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell’esercizio di una attività imprenditoriale e commerciale qualificata. Qualora, con giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, la Amministrazione abbia fornito una prova nei termini di cui sopra, l’onere a carico della medesima si intende assolto e grava sul contribuente l’onere della prova contraria.” L’onere di provare la connivenza del cessionario nella frode del cedente grava dunque sull’Amministrazione; quest’ultima può fornire tale prova anche mediante presunzioni semplici, le quali possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti alla natura di “cartiera” del cedente”.
Nel caso specifico l’accertamento si era limitato a descrivere il quadro accusatorio illustrato in generale per le frodi carosello nell’acquisto delle autovetture dall’estero. Ma secondo la Corte tale meccanismo non può essere attribuito “tout court” alla società accertata in mancanza di presunzioni gravi precise e concordanti, che considerate nel loro insieme, e non singolarmente, possano portare a supporre ragionevolmente una partecipazione consapevole alla frode fiscale.

L’elemento soggettivo della “partecipatio fraudis” torna quindi ad essere centrale come in tutta la recente giurisprudenza della Suprema Corte (almeno della V Sezione), per la corretta individuazione della eventuale inesistenza oggettiva.

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