Nel caso in cui venga avviata una verifica fiscale si può ancora presentare una dichiarazione tardiva, entro i 90 giorni dalla scadenza. Non va confusa la possibilità di usufruire di una sanzione ridotta in ravvedimento, preclusa in passato, con quella di presentare la dichiarazione, del tutto legittima.
Nel caso specifico in fase di verifica fiscale appena avviata emergeva la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi alla scadenza ordinaria. Su questa premessa, ritenendo ormai insanabile l’adempimento, l’Ufficio aveva successivamente emesso un accertamento di tipo induttivo puro (art. 39, secondo comma, DPR 600/73).
Le ragioni del contribuente avevano trovato accoglimento nel giudizio di merito.
L’Agenzia delle Entrate ricorre quindi per cassazione, ma la Suprema Corte considera corretta la decisione di appello. Rileva al riguardo che dalla lettura della sentenza impugnata, non emerge che il ravvedimento operoso possa coesistere con la dichiarazione tardiva presentata successivamente all’inizio delle verifiche fiscali. Al contrario, la CTR evidenzia che tanto il contribuente “non verificato” che quello “verificato” possono presentare la dichiarazione tardiva, ma con la conseguenza “non secondaria per il “verificato”, di non poter accedere al beneficio della sanzione ridotta.” Non sussiste, quindi, alcuna violazione dell’art. 13, comma 1, lett. c) D.Lgs. n. 472 del 1997, dal momento che la sentenza impugnata non ha ritenuto, affatto, ammissibile il pagamento della sanzione ridotta, una volta iniziata la verifica, conformemente a quanto sancito nell’incipit della norma appena richiamata (“La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore e i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.”
Con riferimento all’art. 13, primo comma, lett. c), D.Lgs. n. 472 del 1997 il primo motivo di ricorso presenta anche un profilo di inammissibilità nella misura in cui l’impostazione assunta dalla ricorrente nel giudizio di secondo grado – secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata – non era tanto incentrata sul pagamento integrale delle sanzioni in caso di omessa dichiarazione una volta iniziate le verifiche, ma piuttosto sulla circostanza che la preclusione del cd. ravvedimento operoso impedisse la presentazione della dichiarazione tardiva, integrando un’ipotesi di omessa dichiarazione tale da avallare l’accertamento cd. induttivo. Si legge, infatti, nella terza pagina della sentenza impugnata: “In sintesi: poiché il ravvedimento operoso non era più percorribile, in quanto era già iniziata la verifica della GdF(art. 13, co. 1, D.Lgs. n. 472/97), sarebbe venuta meno anche la possibilità di presentare una valida dichiarazione tardiva (entro 90 gg. dalla scadenza del termine, salva l’applicazione delle sanzioni).”.
È comunque infondata, in diritto, la pretesa connessione tra la preclusione al ravvedimento operoso conseguente all’inizio di eventuali accessi, ispezioni e verifiche e il preteso impedimento alla presentazione della dichiarazione tardiva. Difatti, secondo l’art. 2, comma 7, D.P.R. 22/07/1998, n. 322: “Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta.”
Il tenore letterale della norma distingue nettamente, da un lato, la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine (cd. tardiva) – e che è considerata valida – dalla dichiarazione omessa (presentata oltre novanta giorni). Dall’altro lato, l’inciso “salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo” deve essere inteso nel senso che la dichiarazione tardiva, seppur valida, non ha alcuna efficacia sanante o altrimenti estintiva di eventuali sanzioni previste per il ritardo. Per il resto la dichiarazione tardiva è valida a ogni effetto di legge, cioè per ogni conseguenza che quest’ultima faccia dipendere dalla sua presentazione (anche in relazione ai poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria ai sensi degli artt. 39 ss. D.P.R. n. 600 del 1973), a differenza di quella omessa che, pur costituendo titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili ivi indicati, costituisce il presupposto oggettivo espressamente menzionato dall’art. 41, primo comma, D.P.R. n. 600 del 1973 (al pari delle ipotesi di dichiarazioni nulle previste nel titolo I del testo normativo appena richiamato) per l’accertamento induttivo.