Discussa e discutibile l’ordinanza n. 25854 della Sezione Tributaria n. 25854 del 27 settembre 2024 (Pres. Napolitano, Rel. Rosetti) già oggetto di critiche nei primi commenti usciti sulla stampa specializzata.
In un controllo avente ad oggetto una società immobiliare, con riguardo alle compravendite e agli immobili all’origine dell’accertamento, sono state acquisite la documentazione bancaria e la perizia di stima redatta ai fini della erogazione del mutuo agli acquirenti. Tali documenti recano, secondo l’Ufficio competente, un valore superiore a quello dichiarato negli atti di trasferimento.
L’AdE ha ritenuto quindi di valutare il quadro indiziario come caratterizzato da gravità, precisione e concordanza e idoneo a giustificare l’accertamento dell’Ufficio ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. 600 del 1973.
Secondo la Corte, che ha accolto il ricorso dell’Agenzia, va ricordato il proprio indirizzo costante (Cass. civ. 28/02/2017, n. 5190; Cass. civ. 09/06/2017, n. 14388; Cass. civ. 18/02/2020, n. 4076) che reputa idoneo all’accertamento il riferimento al valore dei mutui, e per questa ragione ha errato la sentenza impugnata non rettamente procedendo alla sussunzione degli elementi della fattispecie come documentalmente emersi in atti.
In tale prospettiva il vizio è denunciabile in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. competendo alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di declamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione concreta (Cass. civ. 30/06/2021, n. 18611; Cass. civ. 16/11/2018, n. 29635). Va, ancora, richiamato il principio di diritto, secondo il quale: “in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova” (Cass. 09/06/2017, n. 14388).
La sentenza impugnata, secondo la Cassazione, ha errato anche nell’utilizzo del fatto notorio, come rilevato nel secondo motivo di ricorso, perché ha attribuito tale natura al “dato di comune esperienza che vengano effettuate perizie che sovrastimano l’immobile per consentire la stipulazione di contratti di mutuo di maggior importo”.
Per questa via la motivazione della CTR, secondo i Giudici di Legittimità, ha violato i principi di diritto costantemente affermati, come di seguito sintetizzati:” Il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile. Ne consegue che restano estranei a tale nozione le acquisizioni specifiche di natura tecnica, gli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari o richiedono il preventivo accertamento di particolari dati, nonché quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione d’analoghe controversie” (Cass. 19/03/2014, n. 6299).
In conclusione, il ricorso viene accolto.
Cessione immobili, accertamento induttivo sull’importo del mutuo
La pronuncia non appare del tutto convincente.
Va detto in primo luogo che le massime citate (Cass. civ. 28/02/2017, n. 5190; Cass. civ. 09/06/2017, n. 14388; Cass. civ. 18/02/2020, n. 4076) sono tutte accomunate dalla considerazione, ai fini probatori, da tutta una serie di elementi, tra cui i valori OMI, allora caratterizzati da ben altro valore rispetto ad oggi. Quindi l’automatismo fondato solo sul valore del mutuo erogato non convince affatto.
La stessa legge delega fiscale (Legge 111/2023), all’articolo 17, lettera h), numero 3), limita fortemente gli accertamenti fondati sul valore di mercato dei beni richiedendo altri elementi di prova.
La Suprema Corte ha contestato poi un passaggio motivazionale della sentenza di appello, secondo cui sovente nella prassi i valori di perizia sono sovrastimati per concedere i finanziamenti richiesti (consentendo alle banche di fare il loro mestiere, in sostanza). Affermazione che può essere anche non fondata, come può esserlo benissimo quella contraria, ovvero che il mutuo identifichi il valore. Non si comprende allora perché una sia considerata non idonea come prova e l’altra contenga invece, a detta della Corte, elementi di gravità, precisione e concordanza.