Merger leveraged buy out: operazione sostenuta da valide ragioni economiche (e quindi non abusiva) se finalizzata alla riorganizzazione degli assetti partecipativi e di controllo.

by AdminStudio

Con due sentenze del 20 giugno 2025 la Sezione Tributaria accoglie il ricorso di una società contribuente relativamente ad operazioni di Merger leveraged buy out. Nella sentenza n. 16559 (Pres. Crucitti, Rel. Cataldi) (l’altra è la n. 16567 a identico collegio giudicante e sempre relativa alla stessa vicenda) viene accolto un motivo nel quale la contribuente ribadiva soprattutto che, nel caso di specie, l’operazione tacciata di essere abusiva era invece sostenuta da valide ragioni economiche, che giustificavano lo schema delle operazioni adottato dalle parti, essendo finalizzata alla riorganizzazione degli assetti partecipativi e di controllo della società, attraverso il ricorso allo schema negoziale, previsto espressamente dall’ art. 2501 – bis, cod. civ., del cd. merger leveraged buy out.

Infatti, il leveraged buy-out (LBO), definibile come “acquisizione attraverso l’indebitamento”, è un’operazione straordinaria che consiste nell’acquisizione, nel caso di specie tramite una newco, di una partecipazione di controllo, mediante il ricorso ad un finanziamento che è destinato ad essere rimborsato con i medesimi flussi finanziari generati dalla società acquisita (c.d. società target). Dal punto di vista fiscale, quindi, il reddito imponibile della società target sarà ridotto degli interessi passivi gravanti sul finanziamento appositamente contratto per l’acquisto della partecipazione da parte della newco. Quando tale risultato viene ottenuto attraverso la fusione, nel caso di specie inversa, della newco utilizzata quale veicolo per l’acquisizione, nella società target, si parla di merger leveraged buy out.

Nel caso concreto, secondo la ricorrente, lo schema negoziale dell’operazione straordinaria effettuata è stato necessario al fine di ottenere il finanziamento in questione dalle banche, che intendevano rafforzare la loro posizione creditoria in ragione della consistenza patrimoniale della società target, avuto riguardo non solo ai beni materiali ed immateriali di quest’ultima, ma anche al flusso finanziario che sarebbe derivato dall’attività produttiva della riorganizzata WPS. Incontestata quindi la legittimità, sul piano civilistico, dell’operazione, tipizzata dall’art. 2501 – bis cod. civ., l’elusione fiscale, di cui all’art. 37 – bis del D.P.R. n. 600 del 1973, sarebbe esclusa sia dalla sussistenza, in concreto, delle predette valide ragioni economiche e organizzative, ed in particolare l’inserimento, nella compagine societaria, della nuova socia AER, particolarmente qualificata nel settore produttivo di pertinenza della società; sia dalla non effettiva praticabilità della soluzione alternativa della mera cessione di quote alla stessa AER, non idonea ad attivare la leva finanziaria, ovvero a far ottenere alla nuova socia il finanziamento per l’acquisizione della partecipazione.

Rileva, la ricorrente, che la stessa circolare n.6, emessa il 30 marzo 2016 dall’Agenzia, e male interpretata dalla CTR, ha evidenziato la legittimità (anche) fiscale delle operazioni di MBO, affermando che ” In passato, le operazioni di LBO descritte nel paragrafo 1.2 sono state oggetto, in alcuni casi, di contestazioni sulla base della natura elusiva della struttura di investimento, in applicazione dei principi generali anti-elusivi. In tale ambito, è stato rilevato come l’unica finalità della struttura dell’operazione, se pur basata su strumenti leciti (fusione o consolidato fiscale), fosse quella di consentire la deduzione di interessi passivi e lo scomputo di perdite dal reddito della target diversamente non possibile”.

Con riferimento alla circolare, limitatamente alla deduzione degli interessi e al riporto di perdite pregresse, nell’ambito delle operazioni di MLBO, si evidenzia quanto segue.

Le operazioni di MLBO vedono nella fusione (anche inversa) il logico epilogo dell’acquisizione mediante indebitamento, necessario anche a garantire il rientro, per i creditori, dell’esposizione debitoria. Di fatto, la struttura scelta, rispondendo a finalità extra-fiscali, riconosciute dal Codice Civile e, spesso, imposte dai finanziatori terzi, difficilmente potrebbe essere considerata finalizzata essenzialmente al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.

Pertanto, le contestazioni formulate sulla base del principio del divieto di abuso del diritto o sulla base dell’articolo 37 – bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero dell’articolo 10 – bis della legge n. 212 del 2000, in relazione al vantaggio fiscale conseguito attraverso la deduzione degli oneri finanziari, per effetto del debt push down, dovranno essere riconsiderate dagli Uffici ed eventualmente abbandonate, salvo che, nei singoli casi, non si riscontrino altri specifici profili di artificiosità dell’operazione, così come posta in essere nel caso concreto, come nel caso in cui all’effettuazione dell’operazione di LBO abbiano concorso i medesimi soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano la società target.” (circolare n. 6/E del 2016, pagg. 17 ss.).

Secondo la contribuente ha pertanto errato la CTR nel ritenere (anche menzionando la predetta circolare e nonostante quest’ultima) che tra le ragioni economiche e/o organizzative rilevanti ai fini di giustificare l’operazione di MBO non sia sufficiente che essa sia stata richiesta dall’ente finanziatore terzo, o comunque sia necessaria nella logica economica e giuridica della concessione del credito bancario destinato a finanziare l’acquisizione della partecipazione nella società target.

Ed ha ulteriormente errato l’Amministrazione nel limitare l’autotutela, lasciando persistere l’accertamento dell’indeducibilità degli interessi passivi per la quota parte del capitale sociale della società target WPS, che all’esito dell’operazione straordinaria contestata risultava ancora detenuta dai medesimi soggetti, che già controllavano la società da acquisire, ovvero Moncada (25%) e A.A. (25%).

Infatti, deduce la ricorrente, la richiamata circolare allude alla circostanza nella quale è ravvisabile l’assenza di un mutamento del profilo partecipativo di riferimento degli asset oggetto della operazione (c.d. change of control).

Tale mutamento, tuttavia, si realizza anche se, per effetto della operazione, si determina la creazione di una situazione di controllo sostanzialmente diversa da quella preesistente, come avvenuto nel caso di specie, nel quale i due soci originari (che prima detenevano ciascuno il 50% della WPS) convivono poi (ognuno possedendo il 25%), con un terzo socio, nuovo e titolare della maggioranza del capitale sociale della target.

La Corte rileva anzitutto che l’atto di autotutela parziale ha ridotto l’attuale contenzioso sul piano quantitativo dell’imposizione. Nel contempo, con lo stesso atto, l’Ufficio si è allineato alla propria prassi, ed in particolare alla citata circolare n. 6/E del 2016, nel riconoscere che le operazioni di MLBO possono essere giustificate, ed anche sostanzialmente imposte, da legittime finalità extra-fiscali, in correlazione con la necessitò di garantire il rientro dall’esposizione debitoria ai terzi finanziatori dell’acquisizione con indebitamento. L’autotutela, quindi, presuppone che tali esigenze sussistessero nel caso di specie.

All’evoluzione della prassi dell’amministrazione finanziaria corrisponde l’orientamento di legittimità che ha escluso la natura abusiva dell’operazione, ricorrendo alcune condizioni.

In particolare, questa Corte, dopo aver premesso che “In materia tributaria, configura abuso del diritto l’operazione che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, ossia quella che non abbia una giustificazione economica apprezzabile differente dall’intento di conseguire un risparmio di imposta”, in applicazione del principio ha escluso la natura elusiva dell’operazione di “leveraged buy out”, posta in essere mediante più atti di fusione, in quanto espressione di un progetto di riorganizzazione societaria non diversamente realizzabile (Cass. 16/01/2019, n. 869).

Nello stesso senso si è detto che “In materia tributaria, l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco costituisce condotta abusiva, la quale, pertanto, non ricorre qualora tale operazione possa spiegarsi altrimenti, che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta; di talché è pienamente legittima l’operazione di leveraged buy out che, espressione di in più ampio progetto di ristrutturazione societaria volto all’ingresso di nuovi soci, si realizza mediante risorse finanziarie reperite con finanziamento bancario e non concesso dalla società “obiettivo” e senza compromettere l’equilibrio economico e finanziario con la fusione di quest’ultima nella Newco” (Cass. 16/01/2019, n. 868).

Per quanto riguarda poi l’ipotesi, configurata come residuale sia dalla citata circolare n. 6/E del 2016 che dall’atto di autotutela parziale de quo, nella quale l’operazione di MLBO potrebbe rivelare altri specifici profili di artificiosità dell’operazione, ” come nel caso in cui all’effettuazione dell’operazione di LBO abbiano concorso i medesimi soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano la società target”, è opportuno individuare quando, nell’assetto di quest’ultima compagine, possa dirsi o meno integrato il requisito del c.d. change of control, ovvero un mutamento, per effetto delle operazioni in esame, dell’assetto proprietario, che sostanzialmente ne evidenzi l’effettiva esigenza riorganizzativa e non meramente fiscale e ne escluda la circolarità di fatto.

Invero, proprio per la funzione di rilevazione di una possibile elusione attribuita al parametro del change of control, deve concordarsi con la dottrina che un significativo mutamento nella struttura proprietaria della target non può negarsi necessariamente solo perché i precedenti soci permangano nella compagine sociale, essendo piuttosto indispensabile verificare se vi sia stata o meno una corrispondente modifica dell’assetto di controllo, poiché è quest’ultima che può far emergere una ragione non meramente fiscale, non marginale, dell’operazione, che escluda la contestata abusività dell’operazione.

Nel caso di specie, i due soci precedenti (M. e A.A.), che prima dell’operazione possedevano ciascuno il 50% del capitale sociale della società e quindi la controllavano congiuntamente, dopo il MLPO hanno ridotto la loro partecipazione al 25% ciascuno, e convivono con il nuovo socio AER (la cui terzietà non è peraltro contestata), che detiene invece il 50% del capitale sociale, ovvero la maggior quota tra tutti i partecipanti.

È allora oggettivo il mutamento dell’assetto di controllo provocato dall’operazione in esame, non contraddetto dalla mera continuità soggettiva, prima e dopo il MLBO, di alcuni soltanto dei soci.

Del resto, anche la citata Cass. 16/01/2019, n. 868 ha ritenuto sussistente il requisito del change of control in un caso in cui, all’esito dell’operazione, il socio preesistente aveva conservato una quota di partecipazione del 50% ed esercitava così il controllo congiunto con il nuovo socio della società target. Può quindi formularsi il seguente principio di diritto: “In tema di abuso del diritto, ai sensi dell’art. 37 – bis del D.P.R. n. 600 del 1973 vigente ratione temporis, l’operazione tipizzata dall’art. 2501 – bis cod. civ., definita comunemente merger leveraged buy out, può non avere quale elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, trovando giustificazione in un più ampio progetto di ristrutturazione societaria volto all’ingresso di nuovi soci, anche quando nella società target, all’esito dell’operazione, siano ancora presenti i soci che ne facevano parte in precedenza, qualora risulti comunque modificato in maniera rilevante l’assetto di controllo preesistente (c.d. change of control), venendo a cessare il controllo esclusivo dei precedenti soci, ancorché gli stessi permangano nella compagine sociale. “.

All’accoglimento del primo motivo consegue pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, che provvederà ad applicare il principio appena enucleato, oltre che sulle spese, anche del giudizio di legittimità.

 

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