La Suprema Corte si esprime ancora in senso rigoroso sull’applicazione della regola stabilita dall’articolo 12 comma 7 dello Statuto del contribuente. In questo caso si tratta dell’ordinanza 3045 del 1° febbraio 2023 della VI Sezione (Pres. Luciotti, Rel. Chiesi) che si esprime sul ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una sentenza di appello nella quale i Giudici reginali avevano rilevato come l’Ufficio non avesse fornito prova atta a giustificare l’avvenuta emissione ante tempus degli avvisi di accertamento impugnati, comunque non individuabile nella messa in liquidazione della società contribuente (giustificazione, peraltro, addotta dalla difesa erariale solo in appello).
Per i Giudici di Legittimità la messa in liquidazione della società non rappresenta un valido motivo per l’emissione dell’atto impositivo ante tempus per più di un motivo.
Da un lato, a seguito della riforma del diritto societario, all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società medesima, determinandosi un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass., Sez. U, 12.3.2013, n. 6070)
Sotto un altro profilo, poi, deve comunque ritenersi valida la notifica dell’avviso di accertamento effettuata a mani dei soci dopo l’estinzione della società a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, poiché, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, per il caso di morte del debitore e di notifica effettuata impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con effetti valevoli nei confronti degli eredi, essa trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società (Cass. civ., n. 31037 del 2017; Cass., Sez. 5, 15.3.2021, n. 7168);
Dunque, a maggior motivo, lo stato di liquidazione della società – antecedente alla sua estinzione – non preclude l’attività di accertamento né la soddisfazione delle eventuali ragioni creditorie dell’Ufficio;
Bene ha operato la C.T.R. la quale ha correttamente evidenziato come la messa in liquidazione della società contribuente “non avrebbe fatto venir meno i poteri di accertamento se questi fossero stati debitamente esercitati”
Quanto al secondo motivo, in subordine, concernente i tributi armonizzati e riguardo al fatto che la contribuente si sia limitata a dolersi del mancato rispetto del termine dilatorio posto dall’art. 12, comma 7, senza enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto fare valere ove detto termine fosse stato rispettato, tale motivo, rileva la Corte, non risulta introdotto nei precedenti gradi di giudizio, risultando dunque inammissibile.