La Corte di Cassazione conferma l’impugnabilità della risposta a interpello.

by Luca Mariotti

La sezione filtro della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 7 luglio 2017, n. 16962 (Pres. Cirillo, Rel. Solaini) conferma che l’elencazione degli atti impugnabili presso gli organi della giurisdizione tributaria ” contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche.

E’ infatti possibile un’interpretazione estensiva delle predette disposizioni, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), ed in considerazione dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge 28 dicembre 2001, n. 448.

Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l’onere di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37 bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario” (Cass. n. 17010/12, secondo Cass. n. 8663/11, il diniego disapplicativo è un atto definitivo in sede amministrativa e recettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione).

Nel caso specifico la società contribuente aveva un interesse qualificato, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., a insorgere contro un atto che non era meramente consultivo, ma aveva una sua lesività, in quanto tale risposta all’interpello ha l’effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante, in ordine alla dichiarazione dei redditi, in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata.

Viene quindi respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che prospettava una interpretazione “chiusa” delle fattispecie previste dall’articolo 19 del D.Lgs. 546/92.

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