La Corte di Cassazione applica la sentenza Taricco.

by Luca Mariotti

Ricordiamo preliminarmente che la Corte di Giustizia in data 8 settembre 2015 aveva deciso su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Cuneo (Causa C-105/14) nel contesto del procedimento penale a carico di Ivo Taricco e altri.

Il Tribunale di Cuneo, investito del procedimento, nell’interpretare e applicare la normativa nazionale in materia di prescrizione del reato stabilita dal combinato disposto dell’articolo 160, ultimo comma, del codice penale, come modificato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, e dell’articolo 161 di tale codice aveva chiesto pregiudizialmente alla Corte UE se, finendo col garantire l’impunità alle persone e alle imprese che violano le disposizioni penali, il diritto italiano non abbia creato una nuova possibilità di esenzione dall’IVA non prevista dal diritto dell’Unione.

In considerazione di tali elementi, la Corte UE aveva imposto al giudice italiano di verificare se il diritto italiano consente di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo i casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Altrimenti il diritto italiano sarebbe contrario all’articolo 325 TFUE qualora il giudice italiano dovesse concludere che un numero considerevole di casi di frode grave non può essere punito a causa del fatto che le norme sulla prescrizione generalmente impediscono l’adozione di decisioni giudiziarie definitive. Analogamente, il diritto italiano sarebbe contrario all’articolo 325 TFUE se stabilisse termini di prescrizione più lunghi per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Italia che per quelli che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

Qualora il giudice italiano dovesse ravvisare una violazione dell’articolo 325, secondo la Sentenza UE, egli sarà allora tenuto a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione disapplicando, all’occorrenza, le norme sulla prescrizione controverse. Infatti, l’articolo 325 TFUE ha per effetto, in base al principio del primato del diritto dell’Unione, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della sua entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale esistente.

In data 20 gennaio 2016 è stata depositata la sentenza n. 2210 della terza sezione penale della Corte di Cassazione. La situazione esaminata si trova esattamente nel contesto applicativo delineato dalla Corte UE. Con una bella e articolata motivazione la S.C. affronta la questione, risolvendola con la disapplicazione della normativa nazionale sulla prescrizione. In linea quindi con la sentenza Taricco, della quale si seguono, in maniera fedele, i passaggi fondamentali.

La Corte si confronta con i diversi aspetti problematici che potrebbero far confliggere i principi affermati nella sentenza della Corte UE con i principi dell’ordinamento interno.

In primo luogo la possibilità/dovere del giudice nazionale di attivare dei controlimiti imposti dal diritto interno alle regole che promanano dall’adesione all’Unione Europea, in specie con riferimento ai diritti inviolabili della persona umana.

Poi si tratta la difficile questione che riguarda il dubbio che l’affermazione dell’estraneità della materia della prescrizione all’ambito di applicazione del principio di legalità in materia penale valga anche al cospetto della garanzia costituzionale interna di cui all’art. 25 co. 2 Cost.

Sul punto la Suprema Corte afferma che la garanzia di cui all’art. 25 co. 2 Cost. non copre le disposizioni di cui agli artt. 160 ultima parte e 161 c.p.

Rinviamo pertanto alla lettura della pregevole motivazione che non può comunque aver risolto i molti dubbi che ancora esistono sull’impatto della sentenza UE nel diritto interno. In tale contesto va ricordato che la Corte d’Appello di Milano, II sez. pen., con l’Ordinanza 18 settembre 2015 ha rinviato alla Corte Costituzionale la questione.

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