Istanza di rimborso IVA: controparte è esclusivamente l’Agenzia delle Entrate e non anche il concessionario della riscossione. Non ricorre litisconsorzio necessario di quest’ultimo

by AdminStudio

“Non ricorre litisconsorzio necessario di Equitalia, tramite la quale l’Agenzia delle entrate esercita la funzione di riscossione nazionale in forza del d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, in legge 2 dicembre 2005, n. 248 (Cass. n. 21773 del 2014), nei giudizi avente ad oggetto il rapporto tributario sostanziale e non riguardanti atti della riscossione; quindi, contro l’azione proposta per ottenere il rimborso del credito IVA legittimo contraddittore è esclusivamente l’Agenzia, cui compete contestare la ricorrenza del credito vantato e far valere i fatti impeditivi ed estintivi della pretesa del contribuente, tra i quali la compensazione con controcrediti erariali sul presupposto della reciproca relazione di debito e credito tra le stesse parti.”.

Questo il principio di diritto sancito con sentenza n. 28493 del 12 ottobre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. La Rocca).

Nei fatti una s.p.a. impugnava il silenzio diniego dell’Agenzia delle entrate sull’istanza di rimborso del credito IVA 2005 cedutole da altra società con atto notificato il 29.11.2006. L’Agenzia disponeva il pagamento del credito IVA pari ad euro 724.187,00 liquidato tuttavia nel minor importo di euro 107.933,22 da Equitalia Sud in considerazione dei carichi pendenti della società cedente. Instauratosi il contenzioso l’Agenzia proponeva ricorso avverso la decisione delle CTP lamentando la mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di Equitalia Sud, che aveva eccepito la pendenza di ulteriori carichi nei confronti della cedente. La CTR rigettava l’appello dell’Ufficio che proponeva dunque ricorso per cassazione.

Come evidenziato dalla Corte “in tema d’IVA, la cessione del credito di imposta comporta il subingresso del terzo cessionario nella posizione del contribuente cedente lasciando inalterati i termini del rapporto sostanziale da cui il credito origina, sicché l’efficacia derivativa determina l’acquisto da parte del cessionario dei diritti volti alla realizzazione del credito ceduto, tra i quali rientra l’azione di rimborso in quanto diretta all’adempimento della prestazione” (Cass. n. 25491 del 2019).

In aggiunta la Suprema Corte ha chiarito che “in tema d’IVA, le disposizioni di cui agli artt. 43-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 e 1 del d.m. n. 384 del 1997 – secondo cui la notifica all’Ufficio dell’atto di cessione del credito in data anteriore a quella di notifica delle cartelle esattoriali, relative a crediti vantati dall’Amministrazione finanziaria nei confronti del debitore cedente, rende tali crediti inopponibili al cessionario – non sono applicabili all’imposta sul valore aggiunto, essendo previste dalla legge esclusivamente in relazione alle imposte dirette. Ne consegue che, per verificare l’ammissibilità della compensazione tra il credito IVA chiesto a rimborso dal contribuente, oggetto di cessione, ed il controcredito vantato dall’Amministrazione, si applica l’art. 1248, comma 2, c.c., che impedisce la compensazione dei crediti sorti, a favore del debitore ceduto (in concreto, l’Amministrazione finanziaria) e nei confronti del cedente «posteriormente alla notificazione» della cessione del credito” (Cass. n. 21375 del 2020; Cass. n. 27883 del 2013).

I Giudici, respinto il ricorso, hanno infine concluso ricordando che “il concessionario della riscossione, tradizionalmente descritto come un mero destinatario del pagamento, o più precisamente, mutuando lo schema civilistico dell’art. 1188 cod. civ., come il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento (Cass. n. 8613 del 2011; Cass. n. 5062 del 2022), è parte del processo tributario, ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, in caso di impugnazione di atti da esso emanati e quando oggetto del giudizio sono vizi ad esso direttamente imputabili (Cass. n. 5832 del 2011)”.

 

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