Inutilizzabilità nel processo penale delle prove illegittimamente acquisite in sede tributaria: i limiti alla preclusione e la “prova di resistenza”.

by AdminStudio

La Sentenza n. 3733 depositata il 29 gennaio 2025 della terza sezione penale della Corte di Cassazione (Pres. Di Nicola, Rel. Andronio) tratta della inutilizzabilità nel giudizio penale delle prove illegittimamente acquisite e dei limiti a tale preclusione.

Venendo a trattare della inutilizzabilità, ai fini processuali, del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza i Giudici precisano che, secondo la consolidata giurisprudenza, a norma dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale devono essere compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice. Quanto al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, quale atto amministrativo extraprocessuale, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 disp. att., giacché altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Rv. 242523).

Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. Il presupposto per l’operatività dell’art. 220 richiamato, cui segue il sorgere dell’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330).

Non di meno, come già affermato (Sez. 3, n. 54379 del 23/10/2018, Rv. 274131 – 01), la violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. non determina automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l’inutilizzabilità o la nullità dell’atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l’art. 220 disp. att. rimanda (Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, Pelini, Rv. 269299). Ne consegue che può essere dedotta la generica violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., bensì occorre la specifica indicazione della violazione codicistica che avrebbe determinato l’inutilizzabilità con riguardo ai singoli atti compiuti dalla Guardia di Finanza e riportati nel processo verbale di constatazione redatto dalla medesima.

Occorre ulteriormente premettere il consolidato principio secondo cui, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 20/02/2017, La Gumina, Rv. 269218; in senso conforme Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017, dep. 16/06/2017, De Matteis, Rv. 270303).

Nello specifico caso viene pertanto rilevata l’inammissibilità del motivo di ricorso nella misura in cui il ricorrente si limita a censurare genericamente l’inutilizzabilità del contenuto del processo verbale di contestazione sulla violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., senza specificare le norme codicistiche violate e integranti la ritenuta inutilizzabilità e senza indicare in concreto l’incidenza determinante dell’eventuale eliminazione degli atti concretamente assunti contra legem nel fondare la valutazione di penale responsabilità. Né la difesa contrasta l’affermazione dei giudici di merito, secondo cui la ditta era consapevolmente amministrata nell’assenza di scritture contabili.

Rimane solo da chiedersi che impatto possa avere su questi temi la disposizione del nuovo Art. 7-quinquies dello “Statuto del contribuente” (introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. g), D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219) secondo cui “Non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’articolo 12, comma 5, o in violazione di legge”. Parrebbe a dire il vero una regola di natura procedimentale che ragionevolmente dovrebbe applicarsi ai giudizi in corso. Dovrà essere coordinata con la “prova di resistenza” (peraltro normativamente non prevista)? Attendiamo al riguardo delle elaborazioni della giurisprudenza che recepiscano la novità normativa.

 

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