“Il beneficio fiscale, di cui all’art. 1, commi 344 e ss. della l. n. 296 del 2006, per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, spetta anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa (incluse le società), i quali abbiano sostenuto spese per l’esecuzione degli interventi di risparmio energetico su edifici concessi in locazione a terzi, trattandosi di un’agevolazione volta ad incentivare il miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, come si evince, peraltro, dalla formulazione letterale della predetta disposizione normativa che, non contemplando limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo, prevede una generalizzata operatività della detrazione d’imposta”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 29218 (Pres. Giudicepietro, Rel. Fracanzani) del 12 novembre 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Nei fatti, a seguito di controllo 36 ter, l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione le detrazioni per interventi di riqualificazione energetica, relative a spese sostenute da una società nell’anno di imposta 2007 e 2008 su immobili propri, ma concessi in locazione a terzi. Secondo l’Agenzia infatti la locazione a terzi rappresentava l’argomento ostativo al riconoscimento della detrazione. La società contribuente adiva il giudice di prossimità, trovando apprezzamento delle proprie ragioni, con conferma anche in grado di appello. L’Ufficio ricorreva dunque per Cassazione.
La Corte, sulla scorta di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. V, n. 18915/2019; n. 29163/2019; in linea Cass. VI-5, n. 29426/2021; n. 30753/2021; Cass. V, n. 10126/2022), ha ricordato come il beneficio fiscale per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti rappresenta “un’agevolazione tesa a favorire una generalizzata riqualificazione del patrimonio immobiliare, con beneficio indiretto all’economia nazionale per il maggior valore dei beni, oggetto di scambio o utilizzo. Tale impostazione non può subire distinzioni in ragione del diverso regime con cui i beni sono allibrati in capo al titolare, persona fisica o giuridica che sia, né a diversa conclusione autorizza l’esegesi del testo normativo, come ben argomenta la corte territoriale”.
Il ricorso dell’Agenzia viene dunque respinto.