Imprese cessate o fallite: la richiesta di rimborso IVA è soggetta al solo termine di prescrizione ordinario decennale.

by AdminStudio

“In tema di IVA, la richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta, formulata dalle imprese cessate o fallite, le quali, non proseguendo l’attività, non possono portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, è regolata dall’art. 30, secondo comma (ora primo comma), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sicché è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizioni specifiche e il diritto al rimborso dell’eccedenza IVA per cessazione dell’attività, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, sorge al momento della cessazione effettiva”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 10070 (Pres. Caradonna, Rel. Grasso) del 16 aprile 2025 dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione.

Nei fatti con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza una contribuente impugnava il diniego al rimborso IVA opposto dall’Agenzia delle entrate. In particolare la contribuente riteneva che il diritto al rimborso, in ragione della cessazione della propria attività, si prescrivesse nel termine ordinario di dieci anni, anziché in quello ritenuto dall’Ufficio di due anni, di cui all’art. 21 del d.lgs. 546/92. I due gradi del giudizio risultavano favorevoli alla contribuente; l’Agenzia ricorreva dunque in Cassazione lamentando come il credito fosse stato esposto nella dichiarazione per l’anno 2001 non come credito da rimborsare, bensì da utilizzare in compensazione/detrazione.

La Corte, respinto il ricorso, ha evidenziato come la Commissione tributaria regionale avesse ritenuto di applicare il termine ordinario di prescrizione decennale in ragione della cessazione dell’attività di impresa.

I Giudici hanno inoltre disatteso le doglianze dell’Ufficio che lamentava il mancato giudizio della CTR in ordine alla presenza dei requisiti formali di riconoscimento del diritto al rimborso. Secondo gli Ermellini, infatti, “anche nell’ipotesi di domanda di rimborso presentata a seguito della cessazione dell’attività l’Amministrazione finanziaria è tenuta a verificare la sussistenza del credito del contribuente che dovrà assolvere, in caso di contestazione, all’onere probatorio sullo stesso gravante. Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha evidenziato come il credito IVA 2001 non sia stato mai contestato dall’Ufficio, che si è limitato a negarne il rimborso, adducendone la decadenza. A fronte di tale mancata contestazione, i giudici del gravame hanno evidenziato che i documenti che la contribuente avrebbe dovuto presentare non sono mai stati richiesti. Non sussiste pertanto alcuna inversione dell’onere della prova”.

 

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