La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con Ordinanza 16 aprile 2025 n. 9999 (Pres. Crucitti, Rel. Lume) accoglie il ricorso di un contribuente che contestava, con unico motivo, la sentenza di appello, tenuto conto che l’accertamento aveva ad oggetto anche l’IVA, e che nel ricorso di primo grado e in quello di appello aveva fatto presente che “se l’ufficio avesse attivato il contraddittorio preventivo il contribuente sarebbe stato posto in condizioni di fornire le fatture e i documenti giustificativi dei costi”.
Al di là della evocazione di principi assai consolidati, dalla sentenza n. 24823/2015 in avanti in tema di tributi armonizzati, la pronuncia si rivela di interesse per la ricostruzione della più recente evoluzione giurisprudenziale e normativa del principio di garanzia della difesa endoprocedimentale preventiva (proveniente dall’art. 41 della Carta di Nizza e dalle sentenze della Corte UE – cfr. Sopropè e Kamino International Logistics ed altre).
La Corte rammenta i principi posti da Cass. Sez. U., n. 24823/2015, e costantemente ribaditi per cui:
a) in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito;
b) in tema di tributi armonizzati, però, la violazione del diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di provvedimento lesivo, determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento “avrebbe potuto comportare un risultato diverso” (cfr.: Corte giust. 3/07/2014, in causa C-129 e C-130/13, Kamino International Logistics, punti 78 – 82 e la precedente giurisprudenza ivi richiamata); affinché il difetto del contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente quindi che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto;
c) tutte le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7,L. 212/2000, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente ma non nei casi di accertamenti cd. a tavolino.
Tale stabile assetto giurisprudenziale è stato confermato da Corte Cost. n. 47 del 2023, che ha rimesso al legislatore l’adeguamento della normativa così pacificamente interpretata; da qui la Corte ha tratto la conclusione della declaratoria di inammissibilità della questione in quanto il superamento dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale esige un intervento di sistema del legislatore; intervento che garantisca l’estensione del contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria; ed infatti il legislatore è intervenuto con l’art. 1, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 219 del 2023inserendo l’art. 6-bisdellaL. n. 212 del 2000, ma con espressa previsione dell’efficacia a decorrere dal 18/01/2024.
Nel caso specifico la lite ha oggetto anche l’IVA, tributo armonizzato, come emerge dalla sentenza e in particolare dalla sua intestazione e dallo svolgimento del fatto ove si dà atto della omessa dichiarazione IVA, circostanza invero non contestata dall’Avvocatura dello Stato nel proprio controricorso; in tale ipotesi, come visto, il contraddittorio è imposto da norme comunitarie, fermo però che il contribuente assolva all’onere di allegare in fase di giudizio le ragioni che avrebbe fatto valere nel procedimento amministrativo e che avrebbero condotto ad un esito diverso, come allegato richiamando il terzo motivo di appello.
La CTR ha quindi errato nel ritenere del tutto inapplicabile l’obbligo del contraddittorio in considerazione negando che si fosse in presenza di tributi armonizzati, omettendo di considerarne l’oggetto, costituito anche dall’IVA, che costituisce tributo armonizzato, e di valutare le ragioni opposte dal contribuente.