“”In tema di IMU, è nullo ex art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’avviso di accertamento privo di specifica motivazione sul contestuale diniego dell’esenzione prevista per i c.d. “alloggi sociali” dall’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo novellato dall’art. 1, comma 707, n. 3), lett. b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, non rilevando che la dichiarazione dell’ente contribuente (nella specie, di uno IACP) per l’anno di riferimento (attraverso la compilazione del modello approvato con il D.M. 30 ottobre 2012) si limiti, per ciascun immobile, alla semplice barratura del campo appositamente riservato (con dicitura generica) alle “Esenzioni” (senza possibilità di alcuna specificazione), giacché, per un verso, il contribuente è un ente pubblico abilitato per legge all’esercizio esclusivo di funzioni riguardanti l’edilizia residenziale pubblica, per cui l’opzione contenuta nel modulo ministeriale è univocamente riferibile, in coerenza con la destinazione degli immobili a soddisfare il fabbisogno abitativo delle classi meno abbienti, al regime dei c.d. “alloggi sociali”; per altro verso, l’ente impositore è preposto alla gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale, per cui le informazioni acquisibili in tale veste consentono un agevole monitoraggio delle assegnazioni in locazione a persone svantaggiate nell’ambito del proprio territorio”.
Questo il principio di diritto enunciato nella Sentenza 8 ottobre 2025 n. 27020 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Stalla, Rel. Lo Sardo) che ha accolto, sul punto, il ricorso di un istituto autonomo case popolari.
Con l’atto di appello, lo Iacp denunciava che a fronte della richiesta dell’agevolazione di cui all’art. 13, comma 2, D.L. 201/2011, comunicata al Comune di Giuliano in Campania con la Dichiarazione IMU per l’anno 2014, inviata a mezzo PEC del 03/07/2015 in cui veniva, a tale fine barrata la casella n.15, cosi come previsto al punto 20 della FAQ IMU-TASI dell’Agenzia delle Entrate del 03/06/2014, il Comune di Giugliano in Campania non ha motivato in alcun modo il mancato riconoscimento delle richiesta esenzione IMU. Ciò rende l’atto di accertamento nullo in quanto emesso in violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della Legge 241/1990 ed, in materia tributaria, dall’art. 7 della Legge n/12/2000 Statuto del Contribuente”.
Secondo un sedimentato orientamento, in tema di IMU (come anche di ICI), l’onere motivazionale dell’accertamento è adempiuto se il contribuente è stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’an e il quantum dell’imposta, non essendo a tal fine necessario indicare le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (da ultime Cass., Sez. Trib., 20 novembre 2024, n. 29485; Cass., Sez. Trib., 28 febbraio 2025, nn. 5350, 5352 e 5356).
Come è noto, l’art. 9, comma 8, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha stabilito che all’IMU si applica l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in base al quale sono esenti gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. c), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, fatta eccezione per gli immobili posseduti da partiti politici, che restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.
In seguito, l’art. 91-bis, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha previsto che, con decorrenza dall’1 gennaio 2013, l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile, quale risulta da apposita dichiarazione e che, con successivo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, “sono stabilite le modalità e le procedure relative alla predetta dichiarazione, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonché i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui alla lettera i) del comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalità non commerciali”.
In attuazione del citato art. 91-bis, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, come è stato riconosciuto anche dall’art. 9, comma 6-ter, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, il D.M. 19 novembre 2012, n. 200, ha dettato una dettagliata disciplina sui requisiti soggettivi ed oggettivi “per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali”, disponendo (art. 6) che “Gli enti non commerciali presentano la dichiarazione di cui all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, indicando distintamente gli immobili per i quali è dovuta l’IMU, anche a seguito dell’applicazione del comma 2 dell’articolo 91-bis, del decreto-legge n. 1 del 2012, nonché gli immobili per i quali l’esenzione dall’IMU si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale degli stessi, secondo le disposizioni del presente regolamento. La dichiarazione non è presentata negli anni in cui non vi sono variazioni”.
Il modello di dichiarazione dell’IMU (nonché della TASI) per gli enti non commerciali è stato, poi, approvato (insieme alle istruzioni per la compilazione) con il D.M. 26 giugno 2014. Tale modello è suddiviso in quattro quadri a) il “quadro A”, riservato alla descrizione degli immobili totalmente imponibili; b) il “quadro B”, concernente gli immobili parzialmente imponibili o totalmente esenti; c) il “quadro C”, dedicato alla determinazione di IMU (e TASI); d) il “quadro D”, relativo alle compensazioni e ai rimborsi.
Tuttavia, il predetto modello non è evidentemente utilizzabile per le altre esenzioni da IMU che non concernono gli enti non commerciali, come è, appunto, per il caso degli “alloggi sociali”.
Invero, nel prevedere l’esenzione per i “fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008”, l’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, non ha specificamente regolamentato le formalità redazionali della relativa dichiarazione, che è rimasta, perciò, quella prevista in linea generale per l’IMU dal comma 12-ter della medesima disposizione.
Il modello di dichiarazione dell’IMU (e della TASI) è stato, invece, approvato (insieme alle istruzioni per la compilazione) con il D.M. 30 ottobre 2012. Esso conteneva un quadro descrittivo per ciascun immobile, che era suddiviso in campi numerati da 1) a 20). Il campo 15) era miratamente dedicato alle esenzioni.
Tuttavia, la relativa casella si limitava a contenere la generica dicitura “Esenzione”, che non consentiva, perciò, di individuare in modo agevole la specifica esenzione invocata dal contribuente nell’ambito dell’elenco riportato alle pagine 21 e 22 delle istruzioni per la compilazione (in allegato al D.M. 30 ottobre 2012). Difatti, solamente il campo 1), per le “Caratteristiche” dell’immobile, consentiva, mediante l’indicazione di numeri da 1 a 8, tra l’altro, la segnalazione all’ente impositore di fattispecie sottratte ad imposta, come l’abitazione principale (n. 5), le pertinenze (n. 6) ed i c.d. “beni-merce” (n. 8).
Dunque, i limiti informativi insiti nella configurazione grafica del modello ministeriale – che non consente di identificare l’esenzione prescelta – paiono giustificare ed avvalorare l’orientamento giurisprudenziale sulla superfluità e sull’ultroneità di un’espressa motivazione dell’atto impositivo in ordine al diniego dell’esenzione invocata dal contribuente, spostando il contraddittorio sul piano probatorio in sede processuale.
Tuttavia, anche alla luce di un’esegesi “evolutiva” dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), è convinzione del collegio che l’onere motivazionale a carico dell’ente impositore sia flessibile e graduabile, dovendo rapportarsi e commisurarsi all’accuratezza e alla specificità delle allegazioni dedotte (e, se del caso, documentate) dal contribuente in ordine al possesso dei requisiti soggettivi e/o oggettivi per beneficiare di una determinata esenzione.
Invero, la prescrizione normativa di indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione” per assicurare una congrua ed adeguata motivazione dell’atto impositivo, non può non estendersi anche alla dichiarazione del contribuente postulante il riconoscimento di una ben precisa esenzione, almeno allorquando siffatta richiesta contenga informazioni dettagliate sui presupposti e sulle condizioni del trattamento derogatorio, che, per qualità e/o quantità, vadano al di là dell’inserimento del contenuto tipizzato entro lo spazio consentito dalla configurazione grafica dei moduli ministeriali.
Tornando alla vicenda in disamina, in disparte la conferma sul ruolo centrale del Comune nel settore del c.d. “social housing” in base alla disciplina dettata dalla legge reg. Campania 2 luglio 1997, n. 18 (“Nuova disciplina per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”), nonché in base alle “Linee guida per l’edilizia residenziale sociale” approvate con la deliberazione adottata dalla Giunta Regionale l’8 agosto 2014, n. 356, il ricorrente ha ribadito di aver denunciato, con l’atto di appello, “che a fronte della richiesta dell’agevolazione di cui all’art. 13, comma 2, D.L. 201/2011, comunicata al Comune di Giuliano in Campania con la Dichiarazione IMU per l’anno 2014, inviata a mezzo PEC prot.(Omissis) del 03/07/2015 (all.to n.8 del ricorso doc. 4), in cui veniva, a tale fine barrata la casella n.15, cosi come previsto al punto 20 della FAQ IMU-TASI dell’Agenzia delle Entrate del 03/06/2014, il Comune di Giugliano in Campania non ha motivato in alcun modo il mancato riconoscimento delle richiesta esenzione IMU”. Il che, a suo dire, “rende l’atto di accertamento nullo in quanto emesso in violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della Legge 241/1990 ed, in materia tributaria, dall’art. 7 della Legge n/12/2000 Statuto del Contribuente”.
Ora, per quanto la dichiarazione del contribuente per l’anno di riferimento contenesse (nella logica intrinseca alla compilazione “vincolata” del modello approvato con il D.M. 30 ottobre 2012) la generica ed indefinita invocazione di un regime di “Esenzione” (attraverso la semplice barratura del campo 15)), è convinzione del collegio che la provenienza qualificata della richiesta da un ente pubblico abilitato per legge all’esercizio esclusivo di funzioni riguardanti l’edilizia residenziale pubblica rendesse chiaro ed inequivoco il riferimento all’esenzione prevista dall’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo novellato dall’art. 1, comma 707, n. 3), lett. b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la quale, peraltro, si pone in alternativa alla riduzione prevista dall’art. 13, comma 10, del medesimo D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.
Per cui, si può senz’altro affermare che l’unica esenzione da IMU che uno IACP può invocare per gli immobili destinati a soddisfare il fabbisogno abitativo delle classi meno abbienti, in coerenza con il suo ruolo istituzionale, non può che concernere i c.d. “alloggi sociali”. A tale riguardo, ricostruendo l’intero impianto normativo di riferimento, la Corte ha avuto modo di rimarcare la differenziazione tra alloggi ordinari (ammessi alla sola riduzione ex art. 13, comma 10, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) ed “alloggi sociali” (ammessi, invece, alla completa esenzione ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) (Cass., Sez, Trib., 8 marzo 2024, n. 6380; in senso analogo Cass., Sez. Trib., 23 maggio 2024, nn. 14511 e 14515; Cass., Sez. Trib., 14 febbraio 2025, n. 3824).
