“La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere il diritto al rimborso delle imposte che risultano versate in eccedenza, allorché l’accertamento (anche con adesione) divenga definitivo nell’imputare un determinato costo (o nella specie una sopravvenienza passiva) ad un esercizio diverso da quello originariamente indicato dal contribuente”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 19577 del 10 luglio 2023 dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Giudicepietro, Rel. Crivelli).
Nei fatti una s.p.a proponeva istanza di rimborso per la somma di € 22.551,99 in conseguenza di accertamento con adesione avvenuto nel giugno 2013. In particolare la società aveva concordato con l’Agenzia l’appostamento di una sopravvenienza passiva non già nell’esercizio 2008, ma in quelli 2004 e 2005, compensando peraltro la maggior imposta scontata in allora fino alla concorrenza del debito d’imposta corrente appunto per l’anno 2008, pari ad € 121.048,26, laddove la maggior imposta corrisposta negli anni 2004 e 2005 ascendeva ad € 143.600,26. L’Agenzia opponeva però all’istanza di rimborso un diniego, motivato con l’assunto per cui la rinuncia prestata dalla contribuente in sede di definizione della procedura d’accertamento ostava al rimborso della differenza. Instauratosi il contenzioso, in seguito al duplice esito sfavorevole nei gradi di giudizio, la società ricorreva in cassazione lamentando la violazione degli artt. 8, l. 27 luglio 2000, n. 212, 1241, cod. civ. e 38, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600.
La Corte ha rilevato come, nella specie, le parti avessero concordato sia l’esercizio di corretta imputazione della sopravvenienza passiva sia la compensazione dell’imposta versata in eccesso in annualità precedenti, con quella dovuta per l’annualità oggetto di accertamento (quest’ultima non era infatti di importo inferiore alla prima).
I Giudici di Legittimità hanno del resto evidenziato che “è pacifico poi fra le parti che in sede di accertamento con adesione vi sia stata rinuncia a richiedere il rimborso delle imposte compensate…è però evidente che tale patto vale appunto per le imposte oggetto di compensazione, cioè gli € 121.048,26 pari all’imposta dovuta per l’anno 2008. Nessun accordo specifico è intervenuto per la differenza, oggetto di istanza di rimborso. Tale differenza risulta quindi legittimamente richiesta in virtù dei principi regolatori della materia, così come discendenti dal richiamato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, e del resto da elementari principi della ripetizione dell’indebito, che giungendo alle conclusioni della CTR risulterebbero violati al pari e prima di quanto denunciato dalla contribuente, legittimando un indebito arricchimento”.
La Corte ha dunque accolto il gravame della società ricorrente e, inoltre, confutato la tesi invocata dalla difesa erariale.
L’Ufficio, riprendendo una precedente pronuncia, aveva infatti sostenuto che “una volta che l’accertamento sia stato definito con adesione, e la definizione sia perfezionata con il versamento delle somme dovute, è da escludersi che il contribuente conservi la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccedenza” (Cass. 2011, n. 29587).
Tuttavia, come ricordato dai giudici, tale richiamo giurisprudenziale attiene a tutt’altra fattispecie “e cioè al ripensamento del contribuente per le somme che abbia versato a seguito dell’accordo e dovute in virtù dello stesso, non – come nella specie – alle somme che a quel punto risultano dovute proprio a seguito dell’accordo, che imputa la sopravvenienza ad un esercizio differente, e che non discendono dalla definizione della pretesa, ma dal formarsi, proprio a causa dell’accordo, di un credito per imposte precedentemente versate e a quel punto non più dovute”.
(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)