Con una interessante sentenza (la n. 5169 depositata il 10 febbraio 2025, Pres. Aldo, Rel. Zunica) la Terza sezione penale della Corte di Cassazione precisa il significato delle condotte alternative previste dall’articolo 8 del Decreto legislativo 10/03/2000, n. 74 in tema di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Secondo la Corte occorre infatti osservare che l’art. 8 del D.Lgs. n. 74 del 2000 sanziona la condotta, alternativa, di chi “emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, dovendosi in proposito precisare che il verbo “emettere” è stato mutuato dagli art. 21, 21 bis e 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 che disciplinano l’obbligo di fatturazione, mentre il “rilascio” riguarda tutti gli altri documenti (tra questi le ricevute e gli scontrini fiscali, di cui agli art. 8 della legge n. 249 del 1976, n. 249 e 12 della legge n. 413 del 1991, che utilizzano il verbo rilasciare). È necessario dunque chiarire cosa si intende per “emettere” e “rilasciare”.
Sul punto deve precisarsi che, secondo il dizionario della lingua italiana, “emettere” deriva dal verbo latino “mittere”, ossia “mandare”, concetto che, con particolare riferimento al settore economico, si declina come “diffondere”, “mettere in circolazione”; a sua volta, “rilasciare”, dal latino “relaxare”, significa “dare”, “consegnare”, e, nel gergo burocratico, “consegnare” (ad es. un documento).
Ora, con specifico riferimento all’oggetto delle condotte sanzionate dalla norma incriminatrice, deve precisarsi che i concetti di “emissione” e di “rilascio” evidentemente presuppongono il materiale confezionamento di una falsa fattura, attività cui se ne sovrappone una successiva, consistente nell’invio (“emettere”) o, comunque, nella consegna (“rilasciare”) del documento contabile mendace.
Ciò posto, se può convenirsi sul fatto che, ai fini della consumazione del reato, non basta la mera formazione della fattura falsa, non viene invece condivisa l’ulteriore affermazione del Tribunale secondo cui, perché il delitto de quo risulti integrato, occorre anche che il documento giunga nella sfera di conoscenza del destinatario, dovendosi invece ritenere sufficiente per la configurabilità del reato che la fattura esca dalla disponibilità del soggetto emittente o rilasciante, il che può verificarsi già con la spedizione del documento.
L’emissione e il rilascio, infatti, non devono essere qualificati come atti recettizi, esaurendosi gli stessi nella diffusione del documento, che si realizza al momento della fuoriuscita dello stesso dalla disponibilità del suo autore mediante le attività propedeutiche al ricevimento dell’atto da parte del suo destinatario, quali ad esempio la trasmissione telematica o l’invio materiale del documento cartaceo. Viceversa, un’anticipazione della soglia di consumazione del reato alla fase della formazione deve ritenersi sussistente rispetto alla ed. “autofatturazione” (art. 21, comma 6 ter del D.P.R. n. 633 del 1972), posto che, ancorché la norma parli pure in tale ipotesi di “emissione”, deve però ritenersi sufficiente il materiale confezionamento del documento mendace, attività che già vale a integrare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma, non essendo quindi necessario il successivo passaggio della spedizione dell’atto, che in tal caso entra nella disponibilità del soggetto emittente contestualmente alla sua formazione.
Quanto al Giudice territorialmente competente è stato più volte affermato (cfr. ex multis Sez. 3, n. 11216 del 19/02/2021, Rv. 281568) che, in tema di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000, il “luogo in cui il reato è stato consumato”, previsto come criterio determinativo della competenza dall’art. 8, comma 1, cod. proc. pen., dalla cui inapplicabilità discende la competenza del “giudice del luogo di accertamento del reato”, ex art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, deve essere individuato in base ad elementi oggettivi e idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell’esercizio dell’azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, allo stato degli atti, e non coincide necessariamente con la sede dell’ente cui è attribuibile la falsa emissione dei documenti fiscali.