Esternalizzazione dei lavoratori: se l’outsorcing configura una somministrazione irregolare l’IVA sulle fatture ricevute non è detraibile ed i costi sono indeducibili.

by Luca Mariotti

L’Ordinanza 25 settembre 2024, n. 25606 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. La Rocca) si occupa di somministrazione di manodopera in modo non regolare. Fenomeno che si verifica purtroppo non di rado ad opera di società fittizie (vere e proprie “cartiere”) che assumono formalmente i lavoratori di talune aziende fornendo in cambio una gamma di servizi con contratto di appalto.

Nella motivazione si ricorda che la giurisprudenza della Corte di cassazione (Cass. n. 18808 del 2017; Cass. n. 28953 del 2018), ha da tempo chiarito che, pur dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, il contratto di somministrazione di manodopera irregolare, schermato da quello di appalto di servizi, incorre in nullità, che conforma anche la sorte del contratto tra lavoratore e somministratore.

La nullità del contratto determina allora che la fatturazione delle prestazioni rese da parte del somministratore non legittima la detrazione dell’IVA ad esse relativa e l’accertamento rileva anche ai fini della deduzione di componenti negativi ex art. 5, comma 3, del D.Lgs. 446/1997 (Cass. n. 7440 del 2022; Cass. n. 34876 del 2021; Cass. n. 12807 del 2020).

I Giudici di Legittimità fanno poi presente che secondo un indirizzo ormai consolidato ed anche di recente confermato in termini generali, in tema di interposizione di manodopera, affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi dell’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276 del 2003, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (c.d. labour intensive), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo o organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l’intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro (così Cass. n. 12551 del 2020; Cass. n. 15557 del 2019; v. anche Cass. n. 12807 del 2020).

Ciò che conta è il reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, con impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa (Cass. n. 12551 del 2020).

Al contrario, si deve invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente.

In riferimento poi agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, la Corte ha altresì osservato che il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. n. 6343 del 2013). Ha, inoltre, affermato che, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore alla organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell’esecuzione dell’appalto, è del tutto ultronea qualsiasi questione riguardante il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo, né rileva che l’impresa appaltatrice sia effettivamente operante sul mercato, atteso che, se la prestazione risulta diretta ed organizzata dal committente, per ciò solo si deve escludere l’organizzazione del servizio ad opera dell’appaltante (in questi termini Cass. n. 11720 del 2009; Cass. n. 17444 del 2009; Cass. n. 9624 del 2008).

Nel caso di specie, secondo la Corte, la CTR non ha fatto buon governo di questi principi, avendo del tutto trascurato l’accertamento in concreto della natura e delle caratteristiche dell’attività svolta ed essendosi limitata a dar prevalenza al testo contrattuale, rispetto al complesso dei concreti elementi indiziari evidenziati dall’Ufficio, senza indagare quale fosse l’effettiva intenzione delle parti né valutare il loro comportamento complessivo, anche successivo alla conclusione del contratto, come previsto pure dall’art. 1362 c.c. in tema di regole generali sull’interpretazione del contratto. Da ciò deriva la cassazione della sentenza di appello con rinvio.

 

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