“La Consulta ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e, però, ha ritenuto «opportuno chiarire» che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare «i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che «la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci”.
Questo il principio di diritto espresso con ordinanza n. 19788 del 11 luglio 2023 dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Paolitto, Rel. Penta).
Nei fatti due eredi ricorrevano avverso un avviso di accertamento per IMU 2014 e 2015, e TASI 2015 notificato dal comune al dante causa. In particolare gli eredi avevano dedotto l’illegittimità di quell’avviso poiché il bene tassato era destinato ad abitazione principale del de cuius, il quale pertanto aveva diritto all’esenzione d’imposta non ostandovi la residenza di altri componenti del nucleo familiare in altro Comune. La CTP accoglieva il ricorso degli eredi, mentre la CTR rigettava il gravame del comune. Avverso detta decisione proponeva ricorso per cassazione il comune sottolineando come nell’immobile oggetto di tassazione avesse fissato la residenza anagrafica e dimorasse solo il contribuente, mentre il coniuge era risultato pacificamente residente e dimorante in altro comune.
La Corte ha richiamato il recente intervento chiarificatore della Corte costituzionale (sent. n. 209/2022) con il quale la Consulta “ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove, parlando di «nucleo familiare», finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione”.
I Giudici hanno in particolare ricordato come, con la citata sentenza, la Consulta ha stabilito che:
- Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile;
- l’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del dl 146/2021);
In altri termini, come sottolineato nell’occasione dalla Corte, alla luce di tale arresto “ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla «prima casa», non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto i quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio”.
I Giudici, respinto il ricorso, hanno chiarito come il Comune non avesse in concreto dedotto alcunché in ordine al richiamato profilo riguardante l’adeguatezza dei controlli eventualmente effettuati, né chiesto la remissione in termini alla luce della menzionata sopravvenienza.
(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)