Emendabilità piena della dichiarazione in giudizio: la Cassazione ribadisce il proprio orientamento. Anche una ripresa fiscale effettuata in un anno diverso da quello di competenza è una dichiarazione di scienza e come tale assoggettabile ad emenda.

by AdminStudio

Sappiamo bene che nella prassi dell’Agenzia delle Entrate non ha ancora trovato asilo il riconoscimento (oggi anche normativo, peraltro) della piena emendabilità della dichiarazione dei redditi in giudizio. La prima obiezione riguarda sempre il limite per la rettifica prodotta oltre i termini (amministrativi) di cui all’articolo 2 del Decreto Presidente della Repubblica 22/07/1998, n. 322. In subordine gli Uffici cercano di qualificare come “scelte” del contribuente (e dunque manifestazioni di volontà e non errori da intendere come mere dichiarazioni di scienza) delle semplici questioni di calcolo o interpretative che avrebbero potuto dipanarsi in modo diverso da quello della dichiarazione originaria. L’uno e l’altro vincolo sono oggi in palese contrasto con la giurisprudenza della Cassazione (dalle Sezioni Unite 13378/2016 in avanti) e con la normativa attualmente vigente, dopo le modifiche al citato articolo 2.

E’ il caso analizzato dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella Ordinanza 11 febbraio 2025 n. 3451 (Pres. Napolitano, Rel. Lume) che accoglie un ricorso del contribuente contro una sentenza di appello che aveva invece accolto le ragioni dell’Agenzia delle Entrate fondate sulle questioni sopra delineate (cosa che spesso purtroppo accade ancora nei gradi di merito…).

La Corte rammenta che l’art. 2, comma 8, del D.P.R. 22/07/1998, n. 322, permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice. Il successivo comma 8-bis consentiva, inoltre, nella versione vigente ratione temporis, di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da depositare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

In merito alla portata applicativa della norma, la giurisprudenza ha chiarito (cfr. Cass., Sez. U., 30/06/2016, n. 13378) come in tema di imposte dirette il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr., tra le altre, Cass. 30/09/2015, n. 19410). In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

In tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. 22/07/1998, n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 09/07/1997, n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. 13/01/2016, n. 373).

Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco, anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, che è proprio il caso ricorrente nell’ipotesi in esame, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass. 28/11/2018, n. 30796).

Con riferimento al caso in esame, la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale della società contribuente, bensì all’incertezza interpretativa in ordine alla cumulabilità delle agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal c.d. conto energia (art. 25, comma 10, del D.Lgs. 3/03/2011, n. 28) e nella detassazione degli investimenti ambientali previsti dalla c.d. “Tremonti ambientale” (art. 6, commi da 13 a 19, della L. 23/12/2000, n. 388), incertezza interpretativa che è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 del D.M. 5 luglio 2012, il quale ha consentito la possibilità di cumulare i due benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione.

Anche la risoluzione resa dall’Agenzia delle entrate il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione in parola mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998.

La contribuente, pertanto, aveva facoltà di opporsi in sede contenziosa e diritto di presentare dichiarazione integrativa.

Il fondamento di tale impostazione è che l’agevolazione in esame è fruibile attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione dell’imponibile da operare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stato realizzato l’investimento (e quindi anche, come nel caso di specie, con dichiarazione integrativa, nella quale far confluire i risultati della riliquidazione interna delle dichiarazioni degli altri anni di imposta, come da circolare 31E del 2013 dell’Agenzia delle entrate), non occorrendo un’istanza rivolta all’amministrazione finanziaria poiché è da escludere che si sia in presenza di una manifestazione di volontà (Cass. 22/12/2023, n. 35919).

Ha quindi errato per i Giudici di Legittimità la CTR laddove ha attribuito alla dichiarazione della società, sul punto in contestazione, natura di dichiarazione di volontà, traendone la duplice conseguenza che essa non fosse emendabile e che in giudizio essa non potesse difendersi evidenziando la sussistenza dei presupposti dell’agevolazione.

Va infine ricordato che il comma 8-bis del D.P.R. 22/07/1998, n. 322 è stato modificato dal dall’art. 5, comma 1, lett. a), D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° dicembre 2016, n. 225, proprio a seguito della sentenza delle Sezioni Unite (Cass. civ. Sez. Unite, 30 giugno 2016, n. 13378). Oggi la norma prevede: “Resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito.”

A quando l’adeguamento dell’A.d.E. alla Legge ed alla giurisprudenza consolidata?

 

 

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