“La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”.
Questo il principio di diritto ribadito con sentenza n. 13888 (Pres. Bruschetta, Rel. Nonno) del 25 maggio 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Nei fatti la CTR di Messina accoglieva il ricorso di una s.r.l. nei confronti di una cartella di pagamento per IVA e riguardante il recupero dell’imposta indebitamente detratta con riferimento ad un credito per il quale la dichiarazione era stata tardivamente presentata. La CTR Sicilia rigettava l’appello dell’Ufficio evidenziando che l’IVA a credito poteva essere portata in detrazione anche nel caso di omessa dichiarazione, purché detto credito fosse esistente. Avverso detta decisione ricorreva per Cassazione l’Agenzia.
Come ricordato dalla Corte le Sezioni Unite hanno già chiarito che il contribuente “può limitarsi a documentare la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto all’eccedenza detraibile anche in assenza dei requisiti formali per il riconoscimento di tale diritto e, quindi, anche in caso di dichiarazione omessa” (Cass. S.U. n. 17757 del 08/09/2016).
Secondo le Sezioni Unite “anche in tema di IVA, giusta la comunanza della disciplina dichiarativa e rettificativa fissata dall’art. 8, comma 6, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, va riconosciuta la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla pretesa tributaria azionata dal fisco, allegando errori od omissioni incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine per la presentazione e la rettifica della dichiarazione fiscale” (Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016).
Tuttavia sull’IVA è posta una condizione alla detraibilità giudiziale dell’eccedenza, e cioè che la detrazione venga esercitata entro il termine previsto dall’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998, vale a dire entro il secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto; rimane inteso che “è fatto salvo in ogni caso (e ricorrendone le condizioni) il diritto al rimborso del credito per il quale si è maturata la decadenza dall’esercizio del diritto di detrazione” (Cass. n. 15060 del 12/05/2022).
La Corte ha dunque rigettato il ricorso evidenziato come, nel caso di specie, la questione non riguardasse il tempestivo esercizio della richiesta di detrazione entro il termine di decadenza biennale, bensì la sussistenza dei requisiti sostanziali per il riconoscimento del credito IVA.