Differenze inventariali? Si tratta di presunzione legale secondo la Cassazione.

by Luca Mariotti

Secondo l’articolo 1 del DPR 441 del 10 novembre 1997 “Si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, ne` in quelli dei suoi rappresentanti. Tra tali luoghi rientrano anche le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa”.

A parere di illuminati studiosi del diritto tributario, mentre le molte presunzioni che caratterizzano l’evolversi della materia hanno perlopiù carattere di presunzione semplice (neppure qualificata), essendo fondate su base numerico induttiva o su mere ipotesi o essendo formulate in modo da lasciar intendere una discrezionalità di utilizzo, questa specifica presunzione sarebbe forse l’unica avente valore legale presente nell’ordinamento tributario. Ed in effetti lo schema è quello diretto per cui se è vero un fatto (le merci contabilizzate non sono materialmente presenti) si deriva per legge la conseguenza (l’intervenuta cessione).

Su questa linea si attesta la Sentenza 31 marzo 2015, n. 6517 secondo la quale: “va osservato al riguardo che, in tema di accertamento delle imposte sul reddito, trovano applicazione, in virtù del principio di unitarietà dell’ordinamento, ed in applicazione dell’art. 12, co. 2, delle disp. prel. c.c., le presunzioni di acquisto e di cessione dei beni rispettivamente rinvenuti o non reperiti nel luogo, o in uno dei luoghi, in cui il contribuente esercita la propria attività, poste in materia di IVA dall’art. 53 del d.P.R. n. 633 del 1972. Trattandosi, peraltro, di presunzioni legali relative, annoverabili tra quelle c.d. miste, è consentita la prova contraria da parte del contribuente, ma tale prova deve essere fornita solo entro i limiti di oggetto e di mezzi probatori specificamente indicati dall’art. 53 cit., e da quest’ultimo previsti ad evidenti fini antielusivi (Cass. 15087/2000; 16483/2006; 15312/2008)”.

Resta solo da osservare che una disposizione siffatta tiene solo, sul piano dei principi, se non si presenta evidentemente irragionevole. In linea di massima non ha questa caratteristica ma i casi pratici, con l’infinita varietà di situazioni, potrebbero portare all’attenzione dei giudici anche situazioni in cui questa evenienza si verifichi. Non dimentichiamo, ad esempio, che per la grande distribuzione l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con la C.M. n.31/E del 2 ottobre 2006 prevedendo, con un insolito quanto opportuno slancio interpretativo, una qualche forma di tutela nel caso di furti o ammanchi.

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