La sentenza n. 34909 della Sezione Tributaria depositata il 30 dicembre 2024 (Pres. Cirillo, Rel. Di Marzio) torna ad esprimere più di un dubbio relativamente alla inapplicabilità del favor rei in ambito amministrativo prevista dall’articolo 5 del D.Lgs. 87/2024.
La questione viene indirettamente posta dal ricorrente con uno specifico motivo, col quale si domanda applicarsi il principio del favor rei in materia di sanzioni, essendo sopravvenuta la legge n. 208 del 2015, che ha ridotto le sanzioni tributarie conseguenti alla dichiarazione infedele.
La Corte rammenta che la revisione del sistema sanzionatorio invocata dalla società, di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, in effetti non ha previsto una generalizzata riduzione delle sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in parte favorevole per il contribuente. Lo ius superveniens risulta peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. sez. V, 30.3.2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sul se debba applicarsi al contribuente una disciplina sanzionatoria più favorevole.
Nel caso specifico in proposito l’Amministrazione finanziaria ha affermato in controricorso di aver provveduto d’ufficio a rideterminare la sanzione con applicazione del regime più favorevole, ma non ha fornito ulteriori riscontri. Non ha spiegato mediante quale atto abbia provveduto alla rideterminazione, non ha chiarito qual era la sanzione originariamente irrogata e quale la nuova.
Ma a questo punto i Giudici aggiungono che, verificato quale sia la corretta sanzione applicabile, in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, occorrerà anche valutare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente in memoria, in relazione alle previsioni di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 87 del 2024.
Il sesto motivo di impugnazione risulta quindi fondato e deve essere pertanto accolto.
Quindi nel rinviare il procedimento giudice di appello la Cassazione sottolinea come tale giudice dovrà necessariamente valutare la questione di legittimità costituzionale sull’irretroattività del nuovo regime di cui al citato articolo del decreto di riforma delle sanzioni tributarie.
D’altro canto già con ordinanza 21150/2024 i giudici di legittimità avevano già in precedenza assegnato al Pm e alle parti un termine per formulare osservazioni sulla potenziale incostituzionalità dell’irretroattività delle sanzioni più favorevoli. Nel frattempo alcuni giudizi sono stati rinviati a nuovo ruolo.
Si ricorda che l’articolo 5 del Dlgs 87/2024 prevede “Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024”.
Ciò risulta tuttavia in contrasto con l’articolo 3, comma 3 del Dlgs 472/1997 (e con tutta l’impostazione penalistica data alla riforma del 1997 delle sanzioni tributarie). Tale articolo infatti codifica il principio del favor rei anche in ambito di sanzione amministrativa.
Altra questione, non secondaria, è la lettura che si dà in ambito eurounitario alle sanzioni amministrative di natura afflittiva che sono considerate alla stregua di sanzioni penali.
Inoltre la criticità maggiore rimane il possibile eccesso di delega della limitazione, non contenuta affatto nella Legge 111/2023 sulla delega al governo per la riforma tributaria.