Credito vantato dall’Amministrazione nei confronti di società di capitali cancellata dal Registro: l’atto impositivo deve riportare le circostanze fondanti la responsabilità del socio, dell’amministratore ovvero del liquidatore

by admintrib

“L’Agenzia delle entrate che, nell’esercizio del potere impositivo, esige dal liquidatore e socio di società di capitali il pagamento del credito vantato nei confronti della società, seppure accertato con sentenza passata in giudicato, deve quindi portare a conoscenza del contribuente, con apposito avviso di liquidazione, le ragioni per le quali egli è tenuto a versare l’imposta accertata in capo alla società, ed in particolare, al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, deve indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme od ha ricevuto l’attribuzione di beni della società ed il valore di questi poiché entro tale limite si apprezza la legittimità della pretesa impositiva, o che il mancato pagamento è dipeso da una colpa dei liquidatori”.

Questo il principio di diritto espresso con ordinanza n. 28401 del 14 dicembre 2020 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. De Masi, Rel. Dell’Orfano) in respinta del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza dalla CTR Liguria.

In concreto l’Agenzia notificava ad un contribuente ex socio e liquidatore di una s.r.l. (cancellata dal Registro delle Imprese in data 7.2.2009) una cartella esattoriale, avente ad oggetto sanzioni amministrative e relativa iscrizione a ruolo derivante da avviso di accertamento emesso per il periodo di imposta 2000 nei confronti della società. Seguiva contenzioso tra le parti che vedeva l’Amministrazione Finanziaria soccombere in entrambi i gradi del giudizio e proporre ricorso in Cassazione. I giudici di Legittimità hanno ulteriormente disatteso le doglianze presentate dall’Agenzia rilevando come l’Ufficio stesso avesse direttamente dedotto l’obbligazione tributaria accertata nei confronti della società notificando la cartella al controricorrente in proprio (facendo riferimento all’atto impositivo emesso nei confronti della società) senza tuttavia fare cenno alcuno nell’atto impositivo delle circostanze fondanti la responsabilità del liquidatore o del socio (ex artt. 36 d.P.R. 602/1973 o 2495 cod. civ.).

Secondo costante orientamento giurisprudenziale la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dall’art. 36 del d.P.R. 602/1973, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle Imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 15377/2020, 15378/2020, 29969/2019, 17020/2019);

In particolare in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società ex art. 2495, comma 2, c.c., il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma, comunque, provato, quanto alla sua sussistenza, già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della “par condicio creditorum”, applicato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741, comma 2, c.c.. Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria, ha l’onere di allegare e dimostrare che l’intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il soddisfacimento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione.

Con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati a carico della società, è riconosciuta, dunque, all’amministrazione finanziaria dal D.P.R. n. 602/1973, art. 36 azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, con azione esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima.

Tale azione è parimenti esercitabile, ai sensi dell’art. 36, quarto comma, D.P.R. n. 602/1973, nei confronti degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.

Quello verso il liquidatore e l’amministratore è, in conclusione, credito dell’Amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa (S.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del d.P.R. n. 600/1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario ex art. 36 cit.

A conclusioni non dissimili si deve giungere anche con riguardo alla posizione del contribuente come socio, in quanto l’art. 36 cit., comma 3, stabilisce che i soci, i quali abbiano ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o abbiano avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salve le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.

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