La Sentenza 3 luglio 2023, n. 18642 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. Hmeljak) respinge un ricorso dell’Agenzia delle Entrate (già soccombente nei gradi di merito) in relazione al disconoscimento di un credito IVA (derivante dalla differenza fra l’IVA calcolata sulle vendite e quella assolta sugli acquisti), nei confronti di una società contribuente la quale aveva omesso di presentare, per quell’anno, la dichiarazione IVA annuale e non avendo esibito le relative fatture.
Nel giudizio di merito era tuttavia eemerso che:
– il primo giudice aveva annullato l’atto impositivo, perchè la documentazione versata in atti era stata verificata da professionisti esterni e dal Tribunale che aveva omologato il concordato preventivo, proposto dalla società; aveva quindi valorizzato questa circostanza atteso che le fatture di quell’anno erano state smarrite;
– la CTR aveva confermato l’annullamento della ripresa affermando che non si poteva disconoscere il credito IVA, a causa dell’omessa presentazione della dichiarazione IVA annuale;
– la sussistenza del credito era stata, infatti, dimostrata dalla “contabilità generale, vagliata da professionisti indipendenti e sulla base della quale il Tribunale fallimentare ha omologato l’istanza di concordato preventivo, nonchè attraverso i registri IVA, nei quali sono state annotate le operazioni di costi e ricavi, oneri e spese, liquidazioni periodiche IVA, documentazione ritenuta attendibile anche dai verbalizzanti”;
– la richiamata documentazione costituiva “una prova presuntiva su base documentale che rientra tra quelle previste dall’art. 2724 n. 3, richiamato dall’appellante, non essendo ammissibile nel processo tributario la prova testimoniale.” Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo.
Per la Suprema Corte la questione investe il piano probatorio, nel senso che occorre verificare se, nonostante il mancato rispetto dei requisiti formali (omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA), il contribuente, in quanto acquirente, sia in grado di provare di avere diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa, dimostrando in concreto che gli acquisiti sono stati fatti da un soggetto passivo d’imposta in possesso di fattura, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili (Cass. n. 17757/2016 cit.).
A tale proposito occorre ribadire che, se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna, grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione, negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili, l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova; mentre, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. n. 7576 del 15/04/2015; Cass. n. 6921 del 17/03/2017).
Per quanto riguarda la prova del diritto alla detrazione, l’accertamento in fatto da parte del giudice di merito deve essere svolto con la latitudine suggerita dalla giurisprudenza unionale (C 85/95, Reisdorf), non essendo sufficienti le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorrendo anche l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra documentazione utile (Cass. n. 6921/2017 cit.).
Deve, tuttavia, osservarsi che, sebbene la detrazione sia subordinata, in caso di contestazione da parte dell’Ufficio, alla relativa prova, che deve essere fornita dal contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate, “ove lo stesso dimostri di trovarsi nell’incolpevole impossibilità di produrre tali documenti e di neppure essere in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724, n. 3, c.c., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall’onere della prova, nè trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti” (Cass. n. 9611 del 13/04/2017).
Per la Corte la CTR si è attenuta ai principi di diritti sopra richiamati, avendo verificato, con un accertamento di fatto che non può essere rivalutato nel giudizio di legittimità, la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto alla detrazione, sulla base della prova presuntiva desunta dalla complessiva documentazione prodotta dalla contribuente, che era stata esaminata anche ai fini del riconoscimento del credito IVA in sede di omologazione del concordato preventivo.