Crediti della P.A. a prescrizione “breve”, tranne il caso di un loro accertamento giudiziale definitivo.

by Luca Mariotti

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 23397 depositata in data 17.11.2016, hanno risolto, ci auguriamo in maniera definitiva un dubbio interpretativo non da poco, legato alla determinazione dell’ambito di applicabilità dell’art. 2953 c.c., con riferimento alla riscossione mediante ruolo di diversi tipi di crediti, rispettivamente degli enti previdenziali, oppure per sanzioni amministrative pecuniarie e/o per violazioni di norme tributarie e altri tributi in genere.

Essendosi verificate sul punto delle “disarmonie” interpretative all’interno della stessa giurisprudenza della Corte, la Sesta Sezione civile, con ordinanza 29 gennaio 2016, n. 1799, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.

La questione da risolvere concerneva l’interpretazione dell’art. 2953 c.c. “con riguardo specifico all’operatività o meno della […] conversione del termine prescrizionale breve in quello ordinario decennale” nelle fattispecie originate dalla notifica, nei confronti del cittadino, di “atti di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva” afferenti crediti statali sia di natura tributaria (Agenzia delle Entrate), che extratributaria (Inps, Inail, Comuni).

In particolare, l’ordinanza di rimessione della Sesta Sezione civile n. 1799/16 si poneva il problema di valutare se la prescrizione breve (5 anni) “sia applicabile anche nelle ipotesi in cui la definitività dell’accertamento del credito derivi da atti diversi rispetto ad una sentenza passata in giudicato”.

La Corte rileva dapprima come, secondo l’orientamento maggioritario e di origine più remota, in base all’art. 2953 c.c. si può verificare la conversione della prescrizione da breve a decennale soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale (vedi, per tutte: Cass. 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 29 febbraio 2016, n. 3987) o anche di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi (ove si tratti di fattispecie anche penalmente rilevanti).

In particolare per la riscossione coattiva dei crediti la suddetta norma è considerata applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo (vedi: Cass. 3 gennaio 1970, n. 1; Cass. 22 dicembre 1989, n. 5777; Cass. 10 marzo 1996, n. 1965; Cass. 11 marzo 1996, n. 1980).

Ma in ambito tributario, la “disarmonia” giurisprudenziale si è venuta a determinare, secondo le Sezioni Unite, a partire dalla sentenza della Sezione 5^ 26 agosto 2004, n. 17051, nella quale – in una controversia relativa ad un caso di iscrizione a ruolo per l’IVA – la Corte si è limitata ad affermare espressamente che per effetto della iscrizione “l’Ufficio forma un titolo esecutivo al quale è sicuramente applicabile il termine prescrizionale di dieci anni previsto dall’art. 2946 c.c.”, senza peraltro alcuna specifica spiegazione sul punto e senza alcun riferimento all’actio judicati.

Nel seguito è accaduto che la Sezione Lavoro, a partire da Cass. 24 febbraio 2014, n. 4338, facendo principale riferimento a tale sentenza n. 17051 del 2004 abbia affermato il principio secondo cui: “una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio judicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.”.

Quindi sia per le imposte che per i contributi si è cominciato a delineare un diverso filone interpretativo.

Le Sezioni Unite ricordano che nell’ambito della giurisprudenza della Corte nella quale viene da sempre sottolineato che la disciplina della prescrizione è “di stretta osservanza ed è insuscettibile d’interpretazione analogica” è pacifico che:

a) se in base all’art. 2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (L. n. 335 del 1995 cit., art. 3, comma 9);

b) la norma dell’art. 2953 c.c., non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti;

c) la prescrizione decennale da “actio judicati”, prevista dall’art. 2953 c.c., decorre non dal giorno in cui sia possibile l’esecuzione della sentenza nè da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato;

d) la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex art. 2953 c.c., ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicchè non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna;

e) il generico riferimento al “diritto” per il quale sia stabilita un termine di prescrizione breve contenuto nell’art. 2953 c.c., consente di ritenere che laddove intervenga un giudicato di condanna (anche generica), la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende pure ai coobbligati solidali anche se rimasti estranei al relativo giudizio

f) Quest’ultimo effetto, all’evidenza, si attaglia solo ad un titolo esecutivo giudiziale.

Da questo e da altri passaggi motivazionali e facendo riferimento anche a sentenze della Corte Costituzionale le Sezioni Unite infine enunciano i seguenti principi di diritto:

1) la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 30, convertito dalla L. n. 122 del 2010)”;

2) “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Si delinea quindi un panorama di prescrizione generalizzata dei crediti della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni etc.) “breve” (ovvero di cinque anni). Ciò con esclusione dei casi nei quali l’esistenza del credito sia stata invece accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo.

Attendiamo comunque gli sviluppi interpretativi ed applicativi ulteriori con interesse

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