Corte UE: la Francia ha violato i principi eurounitari in tema di libertà di stabilimento.

by Luca Mariotti

Avendo escluso il meccanismo di prevenzione della doppia imposizione economica, la Francia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione violando gli articoli 49 e 53 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. A questa conclusione arriva la sentenza della Corte di Giustizia del 2 ottobre 2018 causa C-416/17.

In una importante sentenza precedente (“Accor” – Sentenza della Corte del 15 settembre 2011 nella causa C-310/09) la Corte di giustizia aveva stabilito che la differenza di trattamento tra i dividendi distribuiti da una controllata residente e quelli distribuiti da una controllata non residente era contraria al diritto dell’Unione e che il meccanismo francese di prevenzione della doppia imposizione era incompatibile con le disposizioni del Trattato.

A seguito della sentenza Accor, il Conseil d’État ha pronunciato diverse sentenze che sono state all’origine di denunce inviate alla Commissione.

Quest’ultima ha rilevato che determinate condizioni relative al rimborso dell’anticipo d’imposta fissate in tali sentenze potevano violare il diritto dell’Unione. Poiché la Francia non si è conformata al parere della Commissione che la sollecitava ad adottare determinati provvedimenti, la Commissione ha proposto un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia.

Nella sua sentenza del 4 ottobre, la Corte rammenta che, rispetto ad una disciplina tributaria volta a prevenire la doppia imposizione economica degli utili distribuiti, la situazione di una società azionista che percepisce dividendi di origine estera è paragonabile a quella di una società azionista che percepisce dividendi di origine nazionale dal momento che, in entrambi i casi, gli utili realizzati possono, in linea di principio, essere oggetto di un’imposizione a catena.

Va considerato che il diritto dell’Unione impone ad uno Stato membro, che applichi un sistema per prevenire la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a residenti da società residenti, l’obbligo di concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a residenti da società non residenti.

La Corte dichiara pertanto che la Francia era tenuta, per porre fine al trattamento discriminatorio nell’applicazione del meccanismo fiscale diretto alla prevenzione della doppia imposizione economica dei dividendi distribuiti, a prendere in considerazione l’imposizione precedentemente subita dagli utili distribuiti risultanti dall’esercizio della potestà tributaria dello Stato membro di origine dei dividendi, nei limiti della propria potestà tributaria, a prescindere dal livello della catena di partecipazione in cui tale imposizione è stata subita, ossia da una controllata o da una controllata di secondo livello.

 

La Francia, a giudizio della Corte, è quindi venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione. Per quanto riguarda il motivo secondo cui il Conseil d’État  avrebbe dovuto effettuare un rinvio pregiudiziale prima di stabilire le modalità di rimborso dell’anticipo d’imposta la cui percezione era stata dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione dalla sentenza Accor, la Corte rammenta che un inadempimento di uno Stato membro può, in linea di principio, essere dichiarato indipendentemente dall’organo di tale Stato la cui azione o inerzia abbia dato luogo alla trasgressione, anche se si tratti di un’istituzione costituzionalmente indipendente.

Inoltre, qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del Trattato. La Corte rammenta altresì che l’obbligo di adire la Corte ha segnatamente l’obiettivo di evitare che in un qualsiasi Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme del diritto dell’Unione.

Per la prima volta, la Corte dichiara che un organo giurisdizionale contro le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno si sarebbe dovuto rivolgere alla Corte al fine di eliminare il rischio di un’errata interpretazione del diritto dell’Unione. In effetti, dal momento che il Conseil d’État ha omesso di adire la Corte benché la corretta applicazione del diritto dell’Unione nelle sue sentenze non s’imponesse con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio, l’inadempimento è accertato.

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