Convenzioni contro le doppie imposizioni: il meccanismo della detrazione/deduzione, laddove previsto, prescinde dalla presentazione della dichiarazione dei redditi.

by Luca Mariotti

“In presenza di un obbligo internazionale incondizionato dello Stato italiano di evitare la doppia imposizione al contribuente residente il cui reddito sia assoggettato ad imposizione sia nello Stato in cui sia prodotto e percepito, sia in Italia, l’art. 165, comma 8, Tuir non può applicarsi, mentre può generalmente applicarsi al contribuente residente i cui redditi siano stati prodotti e tassati (anche) in uno Stato con il quale l’Italia non ha concluso una Convenzione contro la doppia imposizione (o in uno Stato verso il quale l’Italia non abbia, comunque, l’obbligo giuridico di neutralizzare la doppia imposizione nei confronti del contribuente suo residente)”.

Questo il principio di diritto sancito con sentenza n. 24160 (Pres. Napolitano, Rel. Napolitano) del 9 settembre 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Nei fatti, in seguito al mancato perfezionamento della procedura di Voluntary Disclosure, l’Agenzia delle Entrate emetteva cinque avvisi di accertamento nei confronti di una contribuente residente in Italia che non aveva dichiarato redditi prodotti in Brasile (ma imponibili in entrambi gli Stati). L’Ufficio, sul presupposto della mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi, disconosceva il credito per le imposte pagate all’estero (ai sensi dell’art. 165, co. 8 del Tuir). La contribuente presentava ricorso risultando vittoriosa in entrambi i gradi del giudizio. L’Agenzia ricorreva quindi per cassazione.

Come premesso dalla Corte, la Convenzione bilaterale sulla doppia imposizione lo Stato italiano (nel caso in cui assoggetti a imposizione elementi di reddito imponibili in Brasile) si è obbligato nei confronti dello Stato brasiliano a “dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Brasile, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.

In altri termini, come riassunto dai Giudici, con la Convenzione bilaterale l’Italia si è obbligata, nei confronti del Brasile, a limitare la sua sovranità in tema di imposizione fiscale; si è obbligata a far sì che i contribuenti che paghino le tasse al fisco brasiliano in relazione ad elementi di reddito posti in essere in Brasile, nel caso in cui siano assoggettati a tassazione anche in Italia in relazione a quegli stessi elementi di reddito, non subiscano una doppia imposizione.

Come dunque chiarito dagli Ermellini, in virtù del principio gerarchico delle fonti, “l’adempimento di tale obbligo internazionale non può subire, sul piano della normativa interna, limitazioni non concordate tra gli Stati parti della Convenzione, con la conseguenza che all’odierna contribuente, che pretende di non subire una doppia imposizione in relazione agli elementi di reddito assoggettati a tassazione sia in Brasile che in Italia, l’Agenzia delle Entrate non può opporre l’inadempimento degli oneri formali di cui all’art. 165, comma 8, Tuir, perché così facendo esporrebbe lo Stato italiano ad una violazione del diritto internazionale pattizio”.

Non a caso, come evidenziato dagli stessi Giudici, “l’ordinamento tributario interno, nell’ambito delle imposte sui redditi, contiene delle disposizioni che attribuiscono prevalenza agli accordi internazionali conclusi dall’Italia. In questi termini depone l’art. 75 del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre l’art. 169 Tuir, nell’attribuire generale prevalenza agli accordi internazionali contro la doppia imposizione, fa salva l’applicazione delle norme dello stesso Tuir solo se concretamente più favorevoli al contribuente, con la conseguenza che all’odierna contribuente, per negarle la detrazione d’imposta contro la doppia imposizione, non può opporsi l’omessa presentazione della dichiarazione o l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata”.

La Corte ha quindi respinto il ricorso dell’Agenzia.

 

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