Controllo presso l’abitazione del legale rappresentante (e sede legale della società): va applicato il termine dilatorio previsto dall’art. 12 comma 7 dello Statuto del Contribuente. Nullo l’atto emesso ante tempus.

by Luca Mariotti

 

Con ordinanza n. 7909 del 17 aprile 2020 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Crucitti, Rel. Guida) si è espressa ancora in merito alla necessità del rispetto del principio di collaborazione tra l’Amministrazione ed il contribuente sottoposto a verifiche fiscali, questione sulla quale, come abbiamo già avuto modo di vedere, si è sviluppata una casistica piuttosto nutrita di situazioni di fatto e di conseguenti pronunce giurisprudenziali..

Come noto l’art. 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente (l. 212/2000) dispone che dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, sia facoltà del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (nel termine dilatorio di sessanta giorni) comunicare le proprie osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento, sempre a norma del citato art. 12, comma 7, nel rispetto dunque del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine.

La Corte, in quest’ottica e nel solco di una ormai consolidata interpretazione giurisprudenziale, con l’ordinanza in questione ha ribadito come in tema di diritti e garanzie del contribuente l’art. 12 dello Statuto operi una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale. Sono pertanto da considerarsi nulli gli atti impositivi scaturiti a seguito di verifiche fiscali condotte nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività quando emessi “ante tempus” cioè nel mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni concesso al contribuente per presentare le proprie osservazioni al fine di instaurare rapporti di tipo collaborativo tra Amministrazione e contribuente.

Nei fatti con un avviso di accertamento IRPEG, IRAP, IVA, per l’annualità 2003, Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione costi, indeducibili/indetraibili, per l’acquisto di beni strumentali sul presupposto che, in mancanza dell’esibizione delle scritture contabili da parte della società contribuente, non fosse possibile riscontrare la veridicità dei detti costi e del connesso credito IVA. Tuttavia, come in seguito ricostruito, il verbale di constatazione era stato redatto lo stesso giorno dell’accesso dei verificatori, i quali recandosi all’indirizzo di residenza del legale rappresentante della società (che coincideva con la sede legale della società) avevano appreso dalla figlia (minorenne) che il padre era ricoverato all’ospedale; dopodiché senza la preventiva richiesta di esibizione delle scritture contabili e senza concedere alla società il termine di 60 giorni il giorno seguente la verifica era emesso l’avviso di accertamento fondato su una serie di presunzioni, quali la mancanza di presentazione della documentazione contabile.

Il giudice di appello, riformando la sentenza di primo grado, sulla base dei presupposti sopraindicati aveva pertanto ritenuto nullo l’atto emanato dall’Amministrazione. L’Ufficio proponeva dunque ricorso in Cassazione evidenziando tra i motivi come il giudice di appello avesse erroneamente ritenuto applicabile l’art. 12 dello Statuto del contribuente senza considerare che l’attività di controllo dell’ufficio non si inserisse entro la cornice di una verifica fiscale e come in ogni caso la stessa violazione dell’art. 12 non prevedesse la sanzione della nullità dell’atto impositivo.

La Corte ha ritenuto infondata la censura addotta dall’amministrazione, ha riconosciuto l’esistenza della verifica fiscale in quanto documentata dal pvc stesso, e, rigettando il ricorso, ha ribadito il principio di diritto per il quale “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio”.

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