Contributo unificato tributario: qualora si impugnino anche gli atti prodromici il contributo si calcola per ogni singolo atto. Ma attenzione alle duplicazioni.

by AdminStudio

L’Ordinanza 10 ottobre 2024, n. 26439 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Perrino, Rel. Penta) respinge un ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze in relazione alle modalità di calcolo del contributo unificato tributario.

Con l’unico motivo era stata infatti dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 3-bis, D.P.R. n. 115/2002 e 12, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che nel caso specifico la contribuente aveva impugnato, oltre all’avviso di avvenuta iscrizione ipotecaria, sei cartelle di pagamento, di cui avrebbe chiesto l’annullamento.

La Corte richiama l’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 che recita “per le controversie di valore fino a tremila Euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”.

L’art. 12 riportato è norma che introduce una disciplina speciale rispetto a quella prevista dai giudizi civili, con conseguente inapplicabilità della disposizione generale di rinvio al codice di procedura civile stabilita dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 1992, ciò in ragione della specificità del processo tributario.

Il contributo unificato, che ha natura tributaria, deve essere versato al momento del deposito dell’atto introduttivo del giudizio tributario dinanzi alla competente Commissione Tributaria (oggi Corte di giustizia tributaria). L’importo del contributo unificato tributario deve essere stabilito in relazione al valore della controversia che si intende instaurare che, per il processo tributario, corrisponde al valore dell’atto impugnato. Il valore della controversia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, è quindi l’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 16283 del 10/06/2021).

Nel caso di specie, alla stregua di quanto trascritto da entrambe le parti e, in particolare, del ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla CTP, la contribuente, con il ricorso proposto avverso l’iscrizione ipotecaria, ha chiesto l’annullamento dell’impugnato provvedimento, oltre che per vizi suoi propri, per intervenuta decadenza dalla pretesa impositiva a seguito della mancata notificazione delle sottese cartelle.

Le Sezioni Unite (da ultimo, Cass., Sez. U, Sentenza n. 10012 del 15/04/2021; conf. Cass., Sez. 3, Ordinanza interlocutoria n. 34346 del 15/11/2021) hanno chiarito che “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (ed è il caso di specie), o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (v. ex pluribus, da ultimo, Cass., 1144/2018, in consolidamento di Cass., Sez U, 5791/2008).

Secondo la giurisprudenza è dunque senz’altro consentito al contribuente impugnare una iscrizione ipotecaria al fine esclusivo di far valere la mancata/irrituale notificazione dell’atto impositivo prodromico alla medesima, senza contestualmente aggredire l’atto stesso sotto altri profili di invalidità formale ovvero per la sua infondatezza nel merito, non sussistendo dunque alcun onere processuale della parte ricorrente al riguardo.

La Direttiva n. 2 del 14 dicembre 2012 del Ministero delle Finanze, rispondendo ad un quesito avente ad oggetto le modalità di determinazione del valore di lite ai fini del calcolo del contributo unificato nell’ipotesi di impugnazione di un avviso di fermo o di ipoteca, ha stabilito che “L’avviso di fermo e l’iscrizione di ipoteca sono atti prodromici alla riscossione coattiva dei crediti tributari. Detti provvedimenti sono, altresì, impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie ex articolo 19, comma 1, lettere e-bis) ed e-ter), del D.Lgs. n. 546/1992. Al fine della quantificazione del valore del contributo unificato, nel caso di specie, occorre tener conto esclusivamente del valore dei crediti tributari, al netto di interessi, sanzioni e altri oneri accessori, per i quali viene effettuata la richiesta di fermo o di iscrizione ipotecaria”.

Alla luce di quanto detto, secondo i Giudici, la contribuente, al fine di determinare il valore della lite, avrebbe dovuto procedere alla somma degli importi dei tributi sottesi alle singole e sole cartelle di natura tributaria richiamate nell’iscrizione ipotecaria, al netto delle sanzioni ed interessi. Ed in effetti correttamente ha calcolato il valore dell’iscrizione ipotecaria in Euro 31.043,41, su cui poi ha determinato l’importo del contributo unificato dovuto.

In quest’ottica, pretendere di calcolare il c.u. anche sul valore delle sei cartelle di pagamento sottese comporterebbe una duplicazione della richiesta contributiva.

Viene pertanto respinto il ricorso del MEF, con condanna alle spese.

 

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