Concetto di “imposta evasa” nel penale tributario. Le precisazioni della Cassazione.

by Luca Mariotti

La terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella Sentenza numero 4516 del 31 gennaio 2017 (Presidente: Amoresano Silvio Relatore: Di Stasi Antonella), afferma nuovamente il principio, già espresso in diverse massime richiamate, per cui in tema di reati tributari, ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 5 DLgs. n. 74 del 2000, per “imposta evasa” deve intendersi l’intera imposta dovuta, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio fiscalmente detraibili, in una prospettiva di prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento tributario (Sez.3, n. 21213 del 26.2.2008, Rv.239983; Sez.3, n. 38684 del 4.6.2014, Rv.260389; Sez.3, n. 15899 del 2.3.2016, Rv.266817).
È quindi il giudice penale che ha il compito di accertare l’ammontare dell’imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d’esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l’ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Sez.3, n. 38684 del 4.6.2014, Rv.260389).
In tema di reati tributari, ai fini del superamento della soglia di punibilità di cui all’art. 5 del DLgs. n. 74 del 2000, il giudice può legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto dagli uffici finanziari (Sez. 3, n. 24811 del 28.4.2011, Rv. 250647; Sez. 3, n. 40992 del 14.5.2013, Rv. 257619). Inoltre, da un lato, in tema di reati tributari, ai fini della prova del reato di dichiarazione infedele, il giudice può fare legittimamente ricorso ai verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, nonché ricorrere all’accertamento induttivo dell’imponibile quando le scritture contabili imposte dalla legge siano state irregolarmente tenute (Sez. 3, n. 5786 del 18.12.2007 – dep. 6.2.2008, D’Amico, Rv. 238825) e, dall’altro, il giudice può legittimamente fondare il proprio convincimento, in tema di responsabilità dell’imputato per omessa annotazione di ricavi, sia sull’informativa della G.d.F. che abbia fatto riferimento a percentuali di ricarico attraverso una indagine sui dati mercato, che sull’accertamento induttivo dell’imponibile operato dall’ufficio finanziario quando la contabilità imposta dalla legge non sia stata tenuta regolarmente.
Ciò a condizione che il giudice non si limiti a constatarne l’esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in esso evidenziati, ma proceda a specifica, autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti aliunde (Sez. 3, n. 1904 del 21.12.1999 – dep. 21.2.2000, Zarbo E, Rv. 215694).
Nel caso in esame, la Cassazione rileva come la Corte territoriale abbia offerto sul punto articolata motivazione, basata su autonoma valutazione delle risultanze dell’accertamento induttivo in relazione ad approfondito esame del materiale probatorio acquisito, sia con riferimento all’imposta evasa, risultando, conseguentemente, accertato il superamento della soglia di punibilità, anche con riferimento ai nuovi valori soglia entrati in vigore nel frattempo.

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