Si tratta di un’ordinanza della Cassazione (29 settembre 2014 n. 20533) dalla quale tuttavia si può trarre qualche spunto interpretativo per una questione su cui ancora forse non è stata detta l’ultima parola. Ovvero quella della tralsazione del valore definito ai fini del Registro in ambito di imposte dirette per la determinazione della plusvalenza da cessione di azienda.
Il passaggio a ns. giudizio rilevante è il seguente:
“Nella specie di causa il giudicante si è indotto a respingere l’appello della parte contribuente sulla scorta del puro e semplice assunto che fa plusvalenza realizzata a mezzo di cessione di azienda costituisce reddito fiscalmente rilevante, senza in alcun modo avere motivato il proprio convincimento in ordine alla natura onerosa della cessione di cui trattasi, e ciò per quanto la parte appellante avesse specificamente evidenziato che la cessione è intervenuta all’interno del nucleo familiare, elemento di fatto che certo avrebbe dovuto indurre il giudicante ad una specifica attenzione alle modalità con le quali la cessione qui oggetto di esame si è concretamente realizzata”.
L’espressione “specifica attenzione alle modalità con le quali la cessione …. si è concretamente realizzata” evoca infatti la necessità di uno specifico esame da parte del Giudice della effettività e dell’importo del corrispettivo pagato in relazione alla cessione. Il che fa pensare a due situazioni (la valutazione ai fini del registro e la plusvalenza da corrispettivo realizzato in ambito di II.DD.) non esattamente sovrapponibili in giudizio, come non lo sono da un punto di vista normativo a dispetto di un orientamento consolidato della Cassazione stessa (dalla Sentenza 4117 del 22 marzo 2002 in avanti) il quale, per la verità, non sembra oggi più così granitico.