Benefici prima casa e immobili di lusso: vale la norma vigente all’atto, ma della disposizione più favorevole si tiene conto per disapplicare le sanzioni.

by Luca Mariotti

La sentenza 8 giugno 2018, n. 14964 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. De Iasi, Rel. Di Masi) si occupa della successione nel tempo della normativa sui benefici prima casa e in particolare sulle caratteristiche degli immobili “di lusso” che non possono fruirne.

Con riferimento al caso concreto il presupposto era la misurazione della “superficie utile”, per la definizione della quale si doveva valorizzare la “utilizzabilità” degli ambienti (Cass. n. 1173/2016; n. 861/2014; n. 25674/2013; n. 22279/2011). Giusto quindi che la CTR abbia ritenuto del tutto arbitraria l’esclusione, operata dal tecnico di parte, della taverna, portico, centrale termica, lavanderia, cucina e < vano > scale.

I presupposti della revoca dell’agevolazione permangono integri anche alla luce dello jus superveniens di cui all’articolo 10, primo comma, lettera a) D.Leg, n.23 del 2011, il quale, nel sostituire il secondo comma dell’art. 1, parte prima, tariffa allegata al D.P.R. 131 del 1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in guanto tale, ai benefici “prima casa” – incentrato sui parametri di cui al D.M. 2 agosto 1969, il cui elevato tecnicismo ha dato causa ad un elevato contenzioso.

In forza della disciplina sopravvenuta, infatti, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A1, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorie; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici).

Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registro anche l’agevolazione “prima casa” attribuita con aliquota IVA ridotta, il legislatore è poi intervenuto con l’articolo 33 del D.Lgs. 175 del 2014 che, nel modificare il n. 21 della tab. A, parte seconda, allegato al D.P.R. n. 633 del 1972, ha espressamente richiamato il “criterio catastale”; con il risultato che anche l’agevolazione IVA è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie.

Orbene, il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente al 1° gennaio 2014, come espressamente disposto dall’art. 10, comma 5, D.Lgs. 23 del 2011, per cui l’atto di trasferimento dedotto nello specifico giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua ad essere disciplinato in base alla previgente disciplina, sicché resta fermo il pregresso regime impositivo sostanziale, secondo i parametri del D.M. 2 agosto 1969, e la correlata potestà di revoca dell’agevolazione, con conseguente recupero delle imposte dovute dal contribuente in misura ordinaria.

Per quanto concerne, invece, le sanzioni contemplate nell’atto qui impugnato, la Corte ritiene che si debba imporre una diversa soluzione, alla luce del principio del favor rei di cui all’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 472 del 1997, in forza del quale, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato”.

In ragione della disposizione sopravvenuta, invero, la condotta che prima integrava una violazione fiscale, e cioè il mendacio del contribuente ricadente sulle caratteristiche non di lusso dell’abitazione acquistata, non avrebbe più possibilità  di realizzarsi, in quanto “la riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione” costituisce “una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel terzo comma dell’art. 3 D.Lgs. n. 472/97) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite”, fondata com’è “su un parametro (quello catastale) dei tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio” (in senso conforme, Cass. n. 2010/2018, n. 3357/2017, n. 3362/2017, n. 2889/2017, n. 13235/2016).

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