Anche gli accessi brevi per acquisizione di informazioni sono soggetti all’obbligo di contraddittorio preventivo.

by Luca Mariotti

Pochi giorni fa avevamo commentato l’Ordinanza della VI Sezione della Corte di Cassazione n. 10897 del 5 maggio 2017 che aveva statuito che le garanzie previste dall’articolo 12 comma 7 della L. 212/2000 (cioè la possibilità di presentare osservazioni nei 60 giorni successivi alla chiusura del verbale) si applichino anche in caso di acquisizione di documenti fatta presso la sede del contribuente.

Oggi alcuni organi di stampa danno evidenza all’Ordinanza 10 maggio 2017, n. 11471, sempre della VI sezione, ancora con Presidente Iacobellis (Relatore in questo caso Crucitti), nella quale si respinge un ricorso dell’Agenzia delle Entrate su un caso analogo.

Nello specifico, l’Agenzia aveva effettuato il 30 marzo 2010 un accesso cd. breve presso i locali di svolgimento dell’attività del contribuente, per rilevare prezzi praticati al pubblico ed il ricarico su campione di beni e servizi dell’attività, cui aveva fatto seguito apposito processo verbale di accesso e richiesta documenti riguardanti l’attività del 2006, debitamente notificato al contribuente il successivo 5 maggio.

Secondo l’Agenzia nel caso di specie, l’accertamento doveva ritenersi eseguito “a tavolino”, in quanto l’accesso era solo finalizzato a raccogliere informazioni e non a constatare sul posto delle violazioni.

La Corte invece è di parere contrario.

Viene preliminarmente ricordata  l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite nel 2013 per cui “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tetnpus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva…”(Cass. sez. unite 18184/2013).

Su questo presupposto la Corte ritiene che le dette garanzie statutarie operino già in fase di accesso, concludendosi comunque tale attività preliminare con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura delle operazioni svolte, e ciò alla stregua delle prescrizioni dell’art. 52, comma 6, del decreto IVA ovvero dell’art. 33 del decreto sull’accertamento. Ciò anche in caso di “accesso breve” per il quale è comunque necessario redigere un verbale di chiusura delle operazioni. E perché anche in questo caso si verifica un’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutatiti a lui sfavorevoli, non potendo quindi non operare la garanzia prevista dall’articolo 12, comma 7.

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