Ai fini della tassazione della plusvalenza la cessione di un fabbricato da demolire e ricostruire non è assimilabile alla cessione di un terreno edificabile.

by AdminStudio

“In sede di interpretazione della norma di cui all’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, questa Corte ha già più volte avuto modo di precisare che, ai fini della tassazione separata, quali “redditi diversi”, delle plusvalenze realizzate a sèguito di cessioni a titolo oneroso di terreni dichiarati edificabili in àmbito di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che l’alienazione di un edificio, anche ove le parti ne abbiano pattuito la demolizione e la successiva ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione Finanziaria come cessione del sottostante terreno edificabile, neppure se il fabbricato non assorba integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio superare il diverso regime fiscale tassativamente previsto dal legislatore per la cessione degli edifici e per quella dei terreni (cfr. Cass. n. 5088/2019).”.

Lo ricorda la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nell’ordinanza 1° aprile 2025 n. 8531 (Pres. Di Marzio, Rel. Chieca) accogliendo un ricorso di parte contribuente.

I Giudici di Legittimità rammentano ulteriormente come sia stato, inoltre, evidenziato che la citata disposizione non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto non già un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, bensì un terreno sul quale insorge un fabbricato, e quindi già edificato: ciò in quanto l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in quella di un terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni tratte da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, la cui realizzazione è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione) ed eventuale ed è rimessa alla volontà di un soggetto (l’acquirente) diverso da quello interessato dall’imposizione fiscale (cfr. Cass. n. 4150/2014, Cass. n. 7853/2016, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019, Cass. n. 23077/2020, Cass. n. 39133/2021).

Il discorso, secondo la Corte, vale anche nel caso in cui l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e la ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice della norma in commento è quella di assoggettare a tassazione la plusvalenza scaturente non da un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (cfr. Cass. n. 15629/2014, Cass. n. 1674/2018, Cass. n. 10393/2019).

Non è, pertanto, possibile porre a carico del venditore del fabbricato sorto su terreno (già) edificabile un’asserita plusvalenza commisurata anche solo alla residua capacità edificatoria del suolo (cd. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente). Né si deve pensare che in questo modo egli si sottragga ai propri obblighi fiscali, dovendo tenersi presente che nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa (cfr. Cass. n. 929/2024).

Del resto, diversamente opinando, sarebbero da considerare produttive di plusvalenza imponibile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto sul quale insistono, poiché questi potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti (cfr. Cass. n. 5088/2019, Cass. n. 3006/2021, Cass. n. 929/2024).

Nel caso specifico ha dunque errato la CTR, la quale, pur avendo accertato che nell’anno 2009 i contribuenti avevano venduto tre appartamenti, con annesso terreno e soprastante stalla, acquisiti per successione ereditaria, ha erroneamente sussunto la fattispecie concreta, così come da essa ricostruita, nell’astratta previsione di cui all’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR, sul non corretto presupposto che, agli effetti della citata norma, l’operazione negoziale andasse qualificata come cessione a titolo oneroso di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.

Quindi la censura merita di essere accolta.

Poiché non vengono ritenuti necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi degli artt. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, con l’accoglimento degli originari ricorsi delle parti private e il conseguente annullamento degli atti impositivi impugnati.

 

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