“In ipotesi di successione ereditaria avente ad oggetto fabbricati, ai fini della individuazione della disciplina applicabile in materia di imposta ipotecaria e catastale e della possibilità di fruizione della agevolazione prima casa, il momento impositivo va individuato non nella data di apertura della successione, bensì nell’epoca della esecuzione delle relative formalità, con la conseguenza che la misura dell’imposta è determinata sulla base delle norme a questa data vigenti”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 8131 (Pres. Stalla, Rel. Di Pisa) del 27 marzo 2025 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Nello specifico, con avviso di liquidazione d’imposta l’Agenzia liquidava le maggiori imposte dovute a seguito di decadenza dall’agevolazione c.d. “prima casa” indebitamente fruita, in quanto dai controlli svolti dall’Ufficio Territoriale emergeva che i contribuenti erano comproprietari di altra casa di abitazione sempre sita in Roma per la quale avevano già beneficiato dell’agevolazione “prima casa”. La C.T.R., confermando l’impostazione dei giudici di primo grado, ribadiva che dovesse darsi rilevanza alla data di apertura della successione (18 aprile 2015) e non a quella della dichiarazione (3 marzo 2016) non potendo, pertanto, trovare applicazione il comma 4^bis nota II-bis art. 1 tariffa TUR (vigente dal primo marzo 2016) che riconosce l’agevolazione su impegno a rivendere la prepossidenza entro un anno, norma non ancora vigente all’epoca del decesso della de cuius. I contribuenti ricorrevano dunque in Cassazione.
La Corte ha ricordato come già con la pronuncia n. 16664/2021, era stato premesso che le imposte ipotecaria e catastali “possono essere definite le imposte relative agli atti cui conseguono la formalità di trascrizione iscrizione, rinnovazione, cancellazione ed annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari, nonché la formalità della voltura catastale” e che l’imposta ipotecaria è un’imposta indiretta che si applica in occasione della esecuzione delle formalità presso i registri immobiliari, ha, del resto, osservato che l’obbligazione di imposta si basa “non nella redazione di un atto soggetto a formalità di trascrizione e voltura, ma proprio nella formalità in quanto tale”. Se è vero che nel caso di acquisto di immobile avvenuto a titolo di successione ereditaria l’effetto traslativo della proprietà si ricollega al momento della apertura della successione secondo quanto dispongono gli artt. 459 e 470 ss. c.c. va, tuttavia, considerato che essendo le imposte ipo-catastali connesse alle formalità di trascrizione, iscrizione e rinnovazione, in forza del principio della correlazione tra servizio reso e imposta, il momento in cui si concretizza l’obbligazione d’imposta va individuato nella esecuzione di dette formalità e con riferimento a tale momento viene in rilevo la disciplina applicabile”.
Secondo i Giudici, quindi, “proprio in ragione del fatto che trattasi di tributi in stretta relazione con l’esecuzione delle formalità di trascrizione o con la presentazione della richiesta di annotazione e non con la stipulazione dell’atto, non può essere condiviso l’orientamento espresso da questa Corte con la pronunzia n. 22768/2016 secondo cui in tema d’imposte ipotecarie e catastali, il momento impositivo va identificato con la data di formazione dell’atto traslativo”.
La Corte ha dunque accolto il ricorso ribadendo il principio secondo cui “in tema di imposte catastali e ipotecarie connesse alle formalità di trascrizione, iscrizione e rinnovazione, in forza del principio della correlazione tra servizio reso e imposta, il momento impositivo va individuato nella esecuzione di dette formalità, con la conseguenza che la misura dell’imposta è determinata sulla base delle norme a quel momento vigenti” (vedi Cass. n. 4571/2019).