Accertamento induttivo: obbligatorio il riferimento a dati significativi per il singolo periodo d’imposta.

by Luca Mariotti

Il post precedente che avevamo commentato in modo estremamente critico riguardava un accertamento ex art. 39 primo comma lett. d) del DPR 600/73 nel quale la Corte di Cassazione aveva avallato in toto l’operato dell’organo accertatore, invertendo l’onere probatorio e giustificando addirittura un ricarico ipotetico estrapolato, con ulteriore presunzione, da un altro periodo d’imposta.

A pochi giorni di distanza la Sentenza 15 maggio 2015, n. 9973 si fonda invece, per una situazione analoga (in realtà basata su un induttivo puro ex 39 secondo comma), su riferimenti del tutto diversi e di maggior rigore. Difficile estrapolare dei principi interpretativi di carattere generale confrontando queste due massime.

Pare di poter dire che l’incertezza sia sintomatica delle difficoltà di ogni ragionamento presuntivo che può essere giusto o sbagliato a seconda dell’interprete e che lascia, come più volte abbiamo affermato, un margine di incertezza troppo ampio in un settore regolato dalla riserva di legge di cui all’Art. 23 della Costituzione (il che richiederebbe pertanto una doverosa attenzione alle regole della tassazione normativamente previste).

La Sentenza afferma il principio, più volte enunciato, secondo cui l’adozione del criterio induttivo impone all’Ufficio l’utilizzazione di dati e notizie inerenti al medesimo periodo d’imposta ai quale l’accertamento si riferisce, escludendosi !a possibilità di desumere il reddito relativo ad un’annualità d’imposta da quello conseguito in anni precedenti, in mancanza di un stretta inferenza logica (Sez, 5, Sentenza n. 6579 del 12/03/2008, Rv. 602737). Infatti, nell’accertamento induttivo, l’irrilevanza della fonte di acquisizione delle notizie è cosa diversa dall’inerenza di queste ad un determinato specifico periodo d’imposta, attesa l’autonomia di ciascun periodo d’imposta e l’assenza della presunzione dì costanza di redditività in anni diversi (Sez., 5, Sentenza n. 27008 del 21/12/2007, Rv, 601613; conf. Comm, trib. centr. n. 2224 del 1992 – Rass. imp. 1993, 202 – e n. 7927 del 1988 – Giur. imp, 1989, 7). Si aggiunga che lo sbilancio tra costi e ricavi, senza dare risalto allo stato economico dell’impresa e alla presenza di caratteristiche (stranezza, singolarità e contrasto con elementari regole economiche e di esperienza), non è tale da renderlo immediatamente percepibile come inattendibile secondo il senso comune (Sez, 5, Sentenza n. 26341 del 16/12/2009, Rv. 610982).

Secondo la Corte la sentenza d’appello, acriticamente appiattitasi sulle difese dell’Agenzia, trascura del tutto di approfondire alcuni dati pacifici quali la sofferenza derivante dalle notorie difficoltà del maggior committente del settore (il Gruppo Fiat) e l’infausta evoluzione del ciclo economico che ha portato in pochi anni la società contribuente al tracollo e al fallimento. Così come trascura, sul piano logico e circostanziale, la discesa del volume d’affari progressiva che si è registrata negli ultimi anni.

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